Abbiamo scambiato le classiche quattro parole col dr Gaetano Zonno, sismologo e vulcanologo di fama internazionale, incontrato alla vernice di una comune amica pittrice. Ovviamente, si è parlato del disastro giapponese: ecco le risposte alle nostre brevi domande. (di Francesco Nosari)
Dr Zonno, come può accadere tutto ciò in un territorio avanzatissimo sotto il profilo della prevenzione sismica?
Prevenzione è termine ambiguo: si pongono presìdi per limitare i danni, ciò che è avvenuto con grande efficacia, ma non si può affatto prevedere l’evento, che resta del tutto impercepibile in via preventiva.
E’ stato detto che il terremoto giapponese ha avuto una potenza distruttiva di trentamila volte superiore a quello aquilano: corrisponde al vero? Ci fornisce una spiegazione?
E’ esatto: il potenziale distruttivo aumenta in modo esponenziale rispetto al crescere dei gradi di scala. Forse risulta più chiaro spiegare che, mentre il terremoto abruzzese ha interessato una faglia della lunghezza di circa quaranta chilometri, quello giapponese ne ha interessata una lunga più di quattrocento chilometri. La risultante di combinata potenza devastatrice appare intuitiva…
Se fosse capitato da noi un evento come quello giapponese, quali sarebbero state le conseguenze?
Si ripropone il problema dei mezzi di limitazione dei danni: in Giappone essi sono all’avanguardia e hanno funzionato, limitando drasticamente il pur altissimo numero di morti, in Italia almeno metà del paese sarebbe stata rasa al suolo. Anche più di metà, se si fosse originato al sud… E i morti si sarebbero contati a centinaia di migliaia. Faccia Lei i dovuti paragoni e ponga le relative questioni.
C’è pericolo che il terremoto giapponese inneschi altri simili eventi in altre parti del mondo?
Si dice che il colpo abbia spostato, salvo ulteriori verifiche, di circa dieci centimetri l’asse terrestre: è stato un colpo fortissimo, dunque, su un corpo unitario quale è la Terra. Ciò produce uno stato di stress generalizzato, che indubbiamente può, meglio, potrebbe (speriamo di no) innescare altri fenomeni simili in altre parti del mondo, specie quelle più sensibili, come la tristemente celebre faglia di S. Andrea, in California.
E da noi?
Non dico nulla. Già noi sismologi e vulcanologi siamo visti con sospetto. Mancherebbe solo di passare anche per menagramo…
Grazie, professore. Rilassiamoci un poco ammirando i pastelli in mostra, e per un momento dimentichiamo il terremoto.