Autore

Luca Allevi

Dottore commercialista, pubblicista. Partner Leaders e del network Gruppo 24 Ore. Magistrale Economia Bocconi e Master RE NY University. Ha lavorato in Pizzarotti, Essex Capital NY e Avalon RE. Cell. 338-378.57.65 luca.allevi@leaders.it

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25 Comments

  1. 1

    Giuli

    Ricchi premi e cotillons, magari una tombolata finale. A questo punto erano meglio i Cesari che nell'antica Roma stupivano elargendo pane, almeno quello era qualcosa di concreto.

    Sogno o son desta qualcuno sostiene che la svolta epocale sarebbe la raccolta di firme per trasferire i ministeri al nord. Ma vi rendete conto! Spero vivamente che i leghisti di cui ho apprezzato l'impegno e la fede in Bossi, non si facciano turlupinare dall'ennesimo slogan e dalle solite promesse. Se volete il bene della Lega dovete ribaltare il tavolo e smettere di dare credito a chi non lo merita più.

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  2. 2

    zapatero

    Giuli purtroppo ha molte ragioni nel nutrire amari timori: a parte il fatto che il segretario sezionale della Lega Nord credo conti come il due di picche quando briscola son bastoni, spero che Bossi introduca una vera a propria "rivoluzione culturale" nella Lega, senza con questo imitare in alcun modo Mao Zedong. Siamo pacifici e convinti della bontà dei princìpi, necessari per risollevare e mantenere al passo coi tempi i nostri popoli: occorre riaffermare quei primcìpi e metterli in pratica, perchè il popolo leghista non capisce più, è un po' smarrito, di là dalla sua indiscussa fiducia nel capo, e teme di essere autonomista e federalista solo di nome, e non nei fatti. Basta ascoltare la radio per accorgersene.

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  3. 3

    Clodoveo

    Diceva Rotari nell'articolo appena precedente che il "popolo langobardo" (ma perché langobardo?) sotto sotto ha voglia di autonomia e federalismo. Essendo però un popolo che in generale pensa soprattutto ai propri interessi piuttosto spiccioli, ho come l'impressione che li voglia sì, perché fa comodo, ma senza far fatica e rischiare nulla… E così si tiene i rappresentanti che ha.

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  4. 4

    tommaso

    Alemanno: Il referendum è stato un «segnale molto forte che arriva dalla pancia del Paese, sia sul piano politico che su quello culturale». «Agli occhi degli italiani oggi Berlusconi non rappresenta più il cambiamento. Deve tornare a farlo». La Lega deve «smetterla di chiamarsi fuori, perché della crisi attuale del centrodestra è forse la maggiore responsabile. Se a Pontida ci attaccheranno, sapremo reagire». Replica e precisa: «La Lega la deve smettere di usare questi toni, di porre aut aut. Tra le cause principali che hanno portato alle difficoltà della maggioranza c'è proprio il loro atteggiamento: gli slogan gridati contro Roma e contro il Sud, le ostentate prese di distanza in occasione delle celebrazioni per il 150° anno dell'Unità d'Italia, sono state dannose. Stiano più tranquilli: o si riflette insieme, o sapremo come rispondere».

    «Una sola ricetta per continuare a governare e, magari, per tornare a vincere: innovare, dare risposta alla grande richiesta di partecipazione che viene dalla gente. Dovrà farlo il governo, ma anche e soprattutto il Pdl».

    Una scusa per sviare il confronto di Pontida? Un assist? Ma il popolo leghista vuole risposte e poche polemiche.

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  5. 5

    Giancarlo Pagliarini

    Leggo che Mazzoleni suggerisce che l’iniziativa di Pontida potrebbe essere «una grande raccolta firme, che partirà proprio qui da Pontida e mirerà ad ottenere finalmente il trasferimento di alcuni ministeri ed uffici al Nord». Santo cielo! Non è possibile. Non posso crederci !!!

    Io invece sogno che Bossi dica “La libertà vera non te la regala nessuno. In questi anni non abbiamo avuto coraggio e abbiamo solo perso tempo. Vi chiedo scusa a nome di tutti e vi chiedo di perdonarci. Avevano ragione i tanti fratelli che in questi anni hanno lasciato la Lega Nord convinti che con questa gente non si può andare da nessuna parte. Ricordo che il 20 Maggio 97 su LaPadania avevamo pubblicato un articolo di Giancarlo Pagliarini intitolato “La libertà non la regalano”. L’articolo finiva con queste parole: “perché la libertà non é la possibilità di brontolare e di protestare. Se non rompi troppo le scatole te lo lasciano fare : e fanno anche finta di ascoltarti e di interessarsi del tuo problema , che comunque non sarà mai risolto. La libertà vera é un'altra cosa, e non te la regala nessuno. E se non abbiamo il coraggio di guadagnarcela , allora non ce la meritiamo e non l'avremo”. Ebbene, ho deciso: domani in Lombardia comincerà la raccolta delle firme per fare questo referendum: “Vuoi che la Lombardia continui ad essere una regione della Repubblica italiana oppure vuoi che la Lombardia diventi una stato federale, autonomo e membro dell’Unione Europea ?” E lo stesso succederà in Veneto, in Piemonte e in altre Regioni.”

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  6. 6

    Gabriel

    Dico a Giancarlo: le zone europee sono già previste dal Trattato di Lisbona. Basterebbe assumere le realtive iniziative e attuarlo. Certo, tutti i politicanti d'oggi perderebbero la sedia…

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  7. 7

    Aristide

    E i gadget(s)? [Con la "s" finale, come vuole un vecchio tormentone di Renzo Arbore.]

    Spero proprio che a Pontida non si siano dimenticati dei gadget(s), spero che l'addetto ai gadget(s) sia stato tempestivamente allertato, spero che costui abbia lavorato sodo.

    A parte gli scherzi, stanotte ho fatto un sogno ("I had a dream…"), ho sognato la ribellione. La distribuzione dei gadget(s) è una manifestazione di disprezzo nei confronti del popolo, come pure la sacra traslazione dei culi ministeriali da Roma a questa o quella città padana.

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  8. 8

    Karl Heinz Treetball

    Vogliamo parlare anche di questo a Pontida? Dal quotidiano Avvenire di oggi:

    VECCHI E NUOVI MEDIA ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA /1

    È l'autenticità del messaggio a rendere vitale la comunicazione

    di ANGELO SCELZO

    C'è un piccolo segno dei tempi che, tra una concitazione e l'altra, può essere sfuggito, ma che forse merita di non passare inosservato. Riguarda la battaglia intorno agli assetti televisivi. L'uscita dalla Rai di Michele Santoro l'ha resa più furibonda che mai. Un film o, se si preferisce, un programma già visto, e più volte mandato in onda. Ma il fatto nuovo, tuttavia, non è mancato perché, come in una sorta di legge del contrappasso, al rumore dei ferri nelle stanze del potere, ha fatto riscontro, da un altro versante, un virtuale ma sempre più convinto ripudio del mezzo, considerato un arnese ormai datato e quasi alla stregua di un semplice elemento di arredamento. Trattata e maltrattata come una signora fuori dal tempo, la televisione è sembrata mandare in onda soltanto le sue rughe, proprio mentre la piazza sbandierava i vessilli del tempo nuovo della comunicazione. L'assalto è apparso impietoso: ai social network, e a tutto l'agguerrito apparato delle nuove tecnologie, non è andato di recitare la parte di bravi e rispettosi nipotini, smaniosi com'erano di interpretare, invece, quella di protagonisti, magari anche un po' arroganti, di un vero e proprio cambio d'epoca.

    La mutazione non è certo opera di questi giorni, ma se occorreva un'ultima e definitiva notifica, eccola campagna e il quorum dei referendum a sancire anche questo effetto, forse non proprio secondario. È stata la vittoria del popolo di Internet, il trionfo dei social-network, l'affermazione della rete, si è proclamato a gran voce da più parti. Da questa esultanza la televisione è stata messa all'angolo, quasi lasciata da sola a combattere, in altre stanze, la sua battaglia di retroguardia. All'onda lunga dell'irresistibile avanzata del web e dintorni – dalle rivolte nel Maghreb, alle drammatiche testimonianze in Siria – la vecchia tv è sembrata non poter opporre altro che una progressiva ritirata dal campo: nel mentre, in suo nome, la politica sbraitando e azzuffandosi, continuava a invadere campi, come ha sempre fatto (anche se con il nuovo vertice operativo della Rai, la prospettiva di un sussulto di dignità appare certamente più fondata). Al centro di furiose lotte da una parte, quasi emarginata dall'altra, alla televisione è toccato così di trovarsi nel mezzo di questa forma di paradossale contraddizione, dalla quale però emerge un fatto sostanziale. Tra il vecchio e il nuovo, come in un pendolo di Foucault, nel mondo della comunicazione oscilla e lascia ifsegno il tempo dell'innovazione. Ma l'elemento decisivo di attrazione continua a essere un altro: quello di sempre, la forza e l'autenticità del messaggio, ciò che realmente si ha da dire. Se sono cambiati i veicoli, non sono mutati, o venuti meno, gli elementi essenziali della comunicazione. Anche di fronte all'esito dei referendum, dire che ha vinto la rete e ha perso la tv, è un modo sbrigativo per trattare un problema certo più . complesso e che richiama, nella circostanza, un interrogativo: la vera o presunta vecchiaia della tv non lascia forse intrawedere, seppure sul lungo periodo, la giovinezza destinata a sfiorire di strumenti oggi ritenuti portentosi e domani trasformati in oggettiva ricordo? La

    vitalità della comunicazione è forse proprio in questi radicali e turbinosi passaggi di consegne: alla fine, un modo per assicurare una loro eterna giovinezza. Ma sempre a patto che oltre al motore ci si prenda cura dell'anima. Neppure la comunicazione può essere, alla fine, un corpo monco.

    VECCHI E NUOVI MEDIA ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA /2

    Va in rete una rivoluzione che invade tutti i campi

    di FERDINANDO CAMON

    C'è un altro evento dentro l'evento politico dei referendum, ed è la vittoria dei nuovi mezzi di

    comunicazione. Il direttore di Avvenire ha qui parlato di «macchina delle sberle». Questa macchina ha scavalcato la tv e i tg nel creare opinione politica. In alto, c'era chi faceva contrapposte scelte tattiche, in basso cresceva una rete di contatti telematici, in Facebook e Twitter e nei blog. Sto leggendo le dichiarazioni di un assessore del Pd, cattolico, che nel fine settimana elettorale era a Napoli, al congresso nazionale del Centro Turìstico Aclì. Dice: «Al venerdì tutti ì presidenti regionali e provinciali delle Acli sono rientrati velocemente nelle loro sedi di provenienza, per chiudere la campagna referendaria. Si sono spesi tutti, scout dell'Àgesci, membri dell'Azione Cattolica, soci degli enti sportivi». Qual era la forza che li collegava, e che permetteva loro di contattare una larga base? La stessa che diede già prova di sé nel 2005 allora per bocciare un referendum: l'associazionismo. Lavorare in un'associazione si conferma più efficace che lavorare in un partito. Le associazioni sono la sede del volontariato, e nel volontariato non si lavora per qualcuno, ma per tutti. E si tende a comunicare con tutti. La nuova comunicazione usa i mezzi della rete. In questi referendum i nuovi mezzi di aggregazione han trovato il collaudo. Non si fermeranno qui. Il loro destino è estendersi al campo dell'istruzione, dell'arte, dell'informazione, dei libri, dell'editoria. Ci sono libri che si diffondono senza che i giornali o le tv li appoggino, solo perché ì blog e Facebook e le conversazioni radio (efficace, per i libri, Fahrenheit) ne parlano. Ci sono blog di discussione di libri con migliaia di interlocutori. -Lentamente si trasformano in case editrici. Lo scrittore Giulio Mozzi, che esordì con Einaudi e fu finalista allo Strega, si è messo a curare edizioni on¬line, che hanno un catalogo, un archivio e una storia. C'è una serie di blog, a cui collabora Renzo Montagnoli, che pubblicano giudizi critici che valgono come quelli dei giornali. Un altro blogger, Massimo Maugeri, ha raccolto un'antologia di discussioni internettiane nel volume «Letteratitudìne». Siamo dunque dì fronte a una rivoluzione comunicativa che invade il campo politico e il campo culturale.

    Domanda per il campo politico: può questa rivoluzione rendere più democratica l'informazione? Sì, e si è visto con i referendum: il fatto che il quorum sia stato raggiunto e che abbia vinto il sì nella misura del 95% mostra che un'ampia fetta dì popolo ha trovato il modo per convocarsi ed esprimersi.

    Seconda domanda, nel campo culturale: questa è la rivoluzione che porterà ai libri digitali e farà sparire i libri su carta. Si può amarla? Non amiamo noi i libri su carta? Le copertine, i caratteri, le collane, le sigle editoriali? Non proviamo tristezza quando entriamo in una casa e scopriamo che non ha libri? Ah sì, è così. Ma l'epoca dell'e-book, che molti temono, non è la fine degli incontri con i libri, è una accelerazione. Molti anni fa, quando non si parlava di e-book, avevo letto su un giornale una citazione da Darwin, «L'evoluzione delle specie», in cui si diceva che il tabù dell'incesto fu introdotto dall'umanità nell'età dei primi villaggi e della prima agricoltura, perché l'umanità s'era accorta che il sesso lìbero disgregava le famiglie. Il tabù dell'incesto fu benefico per la formazione delle famiglie. Per rintracciare il concetto nel libro, ho speso una settimana a scorrerlo riga per riga. Se avessi avuto il libro in e-book, avrei fatto una ricerca dei termini «tabù» e «incesto», e in tre minuti avrei svolto la ricerca. Tutto sarà in Internet. Come in ogni rivoluzione, qualcosa si perde, qualcosa si guadagna. Possiamo soffrirne o goderne, ma la storia non si ferma.

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  9. 9

    Bergamo.info

    Riportiamo la prima parte della risposta di Guido Nosari a Giuli, nei commenti all'articolo sulla mostra bergamasca (vedi più sotto, nella sequela degli articoli, Leonardo, Homar Simpson etc.).

    Guido Nosari:

    Rispondo prima a “giuli”: credo che il suo sia un problema di teoria della “democrazia”.

    Detto così è strano, ma lasci spiegare: credo Rousseau (spero di non sbagliare, se fosse, per favore ditemelo) dicesse che la democrazia così come ideata per le nazioni europee non poteva esistere, o sopravvivere nel suo significato, se non vi fosse stata una preparazione e una conoscenza di base da parte di tutti i cittadini.

    Un popolo ignorante i problemi statali non era legittimato a votarne in proposito.

    Questo credo fosse anche per evitare un basilare sistema di detenzione delle informazioni: dove un popolo è ignorante non vi è nemmeno la ricerca delle informazioni, che perciò possono essere tenute e usate a uso e consumo dei detentori stessi, che assumono più potere.

    Eccoci a oggi! si assiste a una contrapposizione tra chi ha potere (e informazioni) e chi non ne ha (non so voi, ma credo che l’illusione di un internet libero nella circolazione delle informazioni sia passata).

    Anche gli artisti…

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  10. 10

    fernando

    Il Prof.Giuseppe Cantarano la pensa così:

    «Avendo a che fare con le cose pratiche, con la vita di tutti i giorni, la politica può non porsi il problema della paura della morte? Anche se sembra nasconderlo, in realtà non pensa altro che a questo. La politica nasce per difendere l’uomo, per rassicurarlo, per proteggerlo… Ossessionata dal timore del disfacimento cerca di salvare, almeno se stessa, eterizzandosi attraverso la perpetuazione delle forme politiche».

    «La politica organizza la nostra vita, ma se perde di vista l’aspetto profetico ed escatologico le sue risposte non conducono a niente, finendo per evidenziare rapidamente la loro finitezza. Così concepita la politica diventa pura amministrazione dell’esistente, adatta più a far funzionare una tecnopoli che una società complicata come la nostra… La politica ha a che fare con i destini ultimi dell’individuo, ma se risponde col politicismo meccanicistico a cui siamo abituati tradisce il proprio compito».

    «È il trionfo della burocrazia. Un processo che conduce alla statolatria, che è una forma di idolatria nei confronti di qualcosa che è stato. Una perpetuazione del presente priva di un orizzonte di speranza perché non getta lo sguardo verso il futuro».

    «Sterilità? Sterilità è la parola giusta. Ecco perché il pensiero occidentale non può in alcun modo privarsi della forza profetica che deriva dalla prospettiva cristiana».

    «La risposta è in quel “resta con noi che si fa sera” (Lc 24,29) che ho messo come distico al mio ultimo libro, "Le lacrime dei filosofi. L'idea della salvezza in Occidente". Interrompere il dialogo col cristianesimo significa condannarsi alla sterilità. Purtroppo questo distacco è avvenuto e la filosofia continua a enfatizzarlo».

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  11. 11

    luca

    Sentite me!. Quando mai avete sentito parlare di autonomia e federalismo nelle sezioni leghiste, ammesso che ci si possa entrare (perché alcune sono in realtà gruppi familistici)?. Al massimo solo slogans, ma nelle sezioni leghiste non ce n'è uno che sappia cosa quelle parole voglion veramente dire. Nelle sezioni del glorioso Partito Comunista c'era sempre qualcuno che sapeva spiegare il marxismo e il comunismo. Filosofie sbagliate? Sì, può anche darsi, certo sconfitte dalla storia, ma quelli sapevano cosa stavano facendo! Questi qui fanno solo finta. E i vostri commentatori propongono per domenica a Pontida temi come quelli che hanno illustrato!!? Ma non fatemi ridere. Non saprebbero neanche da che parte cominciare per affrontarli questi qui, quelli sul prato e quelli sul palco.

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  12. 12

    maria stuarda

    Piano a dire che Valentino Mazzoleni conta un c…. Ha sbagliato il giornalista: Mazzoleni è segretario della circoscrizione che comprende anche Pontida. Queste sono le teste che ha la Lega sul territorio. La spallata non potrà mai riuscire…

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  13. 13

    Kamella Scemì

    Estrapolato, per quanto riguarda i dati oggettivi, dall’articolo di Sergio Rizzo su http://www.corrieredellasera.it, dove si trova l’articolo completo e nella forma originale, precisando che qui sono state aggiunte modifiche e considerazioni personali.

    Tremonti in difficoltà di fronte agli scandalosi costi della politica. Con la manovra finanziaria dello scorso anno aveva provato a tagliare del 50% i cosiddetti «rimborsi elettorali» , in realtà finanziamento pubblico abrogato con precedenti referendum, cresciuti fra il 1999 e il 2008 del 1.110% (gli stipendi pubblici aumentavano del 42%, per dare un termine di paragone). Quel taglio è stato prima ridimensionato al 20%, quindi al 10 per cento. Saltata anche la norma che avrebbe riportato le spese di palazzo Chigi sotto il controllo del Tesoro. Non si possono chiedere sacrifici ai cittadini di fronte a forme di satrapismo come queste. «Meno voli blu» , ha detto Tremonti. Nel 2005 gli aerei di Stato si smazzarono ben 7.723 ore di volo. Due anni (governo Prodi) erano scesi a 3.902. Nel 2009 le ore di volo per le sole «esigenze di Stato» sono arrivate a 5.931, cioè, 97 ore e 15 minuti a testa per ciascun componente il governo, quindi, +154,2%. Nel 2009 gli aerei di Stato viaggiavano per 494 ore al mese, nel 2010, 507. Ignoti, ovviamente, i costi.
    I conti di palazzo Chigi, già sotto il controllo della Ragioneria, nel 1999 il governo di centrosinistra li rese completamente autonomi, con molti margini di manovra da parte dei politicanti non soltanto sui 3 o 400 milioni l’anno di spese vive della presidenza del Consiglio, ma, per esempio, anche sul miliardo e mezzo di budget della Protezione civile.
    Nel 2010 il costo degli «staff» dei politicanti di palazzo Chigi aveva superato 27,5 milioni, con un aumento del 26 per cento. Mistero fitto sul numero delle persone. Quest’anno le spese per gli affitti degli uffici della presidenza del Consiglio sarebbero aumentate da 10 a 13,7 milioni. I nuovi sottosegretari costeranno 3 milioni l’anno. L’ex ministro per l’agricoltura Giancarlo Galan ha firmato un decreto che istituisce «l’elenco dei ristoratori italiani all’estero»: prevede una targa con la scritta «Ottimo – ristorante di qualità» da mettere sulla porta. Ma chi sceglie i locali da insignire? Un apposito Comitato interministeriale composto dal ministro, uno stuolo di funzionari e nove esperti nominati anche da altri ministeri. Un Comitato interministeriale! Robe da matti! Il decreto dice che nessuno prenderà un euro, ma le spese vive, fossero anche solo le targhe e i diplomi, quelle chi le paga? Noi. Ma il colmo è un altro. Perché nemmeno un anno fa lo stesso ministero dell’Agricoltura aveva fatto un accordo con l’Unioncamere per dare un marchio di qualità ai «Ristoranti italiani nel mondo», ciò che costituisce un’evidente duplicazione.
    E il Parlamento? Il numero dei nostri rappresentanti è quasi doppio rispetto alla Spagna e assai superiore rispetto a tutti i parlamenti europei, pur in proporzione alla popolazione residente. Le loro retribuzioni sono di molto superiori alla media europea: le spese correnti della Camera, nel solo 2010, 54,4 milioni per gli affitti, sono previste passare da un miliardo 59 milioni del 2010 a un miliardo 83 milioni nel 2012: +2,3 per cento. Quelle del Senato (ultimi 14 anni ben 81 milioni per gli uffici di 86 senatori), da 576 a circa 594 milioni: +3,6%. La Camera dispone di 20 auto blu con 28 autisti e i deputati che hanno il diritto a utilizzarle sono soltanto 63. Ma in periferia (Regioni, province, comuni e enti vari) gli sprechi della politica partitica sono veramente inimmaginabili. A cominciare dai posti di lavoro clientelari.
    Se in Lombardia (dove pur si lamentano sprechi odiosi, per tacer d’altro) un dipendente regionale costa 21 euro a ogni cittadino, 70 in Campania, 173 in Molise, 353 in Sicilia.
    Si consente a chi è stato parlamentare ma anche consigliere regionale di incassare ben due vitalizi, uno del Parlamento e uno della Regione. Sono almeno duecento gli ex onorevoli: si arriva fino a oltre 9 mila euro lordi al mese. Accade nella Regione Lazio, dove si può ancora andare in pensione giovanissimi, come l’ex governatore Piero Marrazzo, quello dei trans, il quale percepisce circa 4 mila euro mensili dal 2010, non avendo ancora 52 anni.
    Nei consigli regionali ci sono gruppi “politici” costituiti da una sola persona, ciò che dà il diritto talora ad assumere collaboratori, avere l’auto blu e addirittura uno stipendio maggiorato. Ce ne sono 74 (settantaquattro). In Piemonte ci sono due gruppi «consiliari» che si richiamano all’ex governatrice Mercedes Bresso, Insieme per Bresso e Uniti per Bresso. Unico componente di quest’ultimo: Mercedes Bresso. Nel consiglio provinciale di Bolzano ci sono due gruppi “individuali” gemelli: Il Popolo della libertà e Il Popolo della libertà – Berlusconi per l’Alto Adige. Nelle Marche il governatore in carica Gian Mario Spacca si è fatto il proprio gruppo. Come si chiama? Gian Mario Spacca Presidente, composto da lui solo. E poi il cittadino non deve scandalizzarsi!. Perché la politica costa, si dice. La politica “ruba” e dà nausea e scandalo, direi invece.
    A Pontida non si dovrà trattare anche di queste mignottate?

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  14. 14

    Giuli

    La, si fa per dire, amena lettura del commento che precede, mi ha mandato di traverso la colazione!

    Però già a suo tempo il libro "La casta" mi mandò di traverso colazione, pranzo e cena. Qui a forza di travasi di bile finisce certamente con l'ulcera.

    Come si può pensare di chiedere ai cittadini sacrifici, di mantenere invariata la pressione fiscale, di abbattere il debito pubblico, di rilanciare l'economia?

    Non uno di questi miseri personaggi che dicono di governare e sostanzialmente si fanno gli affari propri (a parte, forse, Tremonti), che ci faccia intravedere un barlume di onestà!. Non è detto che se una legge esiste sia equo valersene: piuttosto rifiutarne i benefici e riformarla!. Io sono d'accordo che la politica debba avere un costo, diversamente sarebbe appannaggio dei soli ricchi, ma questo deve essere sostenibile e commisurato allo stato di salute dell'economia, non può essere uno strumento di arricchimento, quasi sempre fine a sé stesso.

    E qui viene la parte più attuale del ragionamento. Da chi proviene la rappresentanza di coloro che sono stati eletti? e chi potrebbe levargli la fiducia? non il popolo, entità astratta nel nome del quale tutto si giustifica, bensì ognuno di noi, io, la signora Maria, il figlio del mio commercialista, la cassiera del supermarket, quella carina. In poche parole, proprio tu, caro il mio unico lettore. Non sperare in riforme, perchè non le faranno, e se le faranno saranno quelle che prima di tutto serviranno a loro, i detentori del potere, non attenderti che gli altri ti risolvano i problemi: sei proprio tu l'unico in cui ricercare la soluzione dei problemi, sino a quando, invece di sterilmente indignarti, non dirai basta, non cambierà nulla. Questo bel discorso, che tanto mi piace e che io stessa spesso mi ripeto, si scontra con un dato di fatto: l'accesso alla politica è appannaggio esclusivo di quelle stesse persone che non hanno interesse alcuno a cambiare. Quindi, votare è inutile.

    Pongo, dunque, una domanda cui non so dare risposta: quale può essere la forma di manifestazione che possa avere peso in questo paese di sordi?

    Reply
  15. 15

    Hellò

    Sveglia, padani, sveglia! Ma quale ultimatum a Pontida? Ultimatum a chi? a se stessi? Ultimatum vuol dire che nel governo comandano e hanno comandato solo gli altri, che si è stati incapaci di farsi valere, che in nome della parola federalismo, promesso a parole, appunto, si è messo il culo in aria, che si è arrivati alla frutta. I popoli padani, incazzatissimi, vogliono proposte serie, che siano armoniche con le loro aspirazioni di libertà e tranquillo lavoro. Solo così accetteranno sacrifici. Se no, si rivolteranno. E i primi responsabili saranno proprio i politicanti leghisti.

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  16. 16

    jolly

    La frase più ricorrente sui network: «Sono incavolato nero, e tutto questo non lo accetterò più», ripresa da un noto film. E' quella che meglio interpreta il sentire del popolo del web, su cui ora si sta scatenando un profluvio di commenti, data la facilità di cogliere i segnali forti. Il significato e la portata della seconda "sberla" dovrebbero innanzitutto far capire a chi l'ha presa che non bastano un po' di cosmesi né tantomeno (anzi!) le presenze televisive dei parlamentari più aggressivi, spocchiosi e sostanzialmente buffoni, impudenti nel minimizzare quanto è avvenuto.

    È evidente che è stato fatto di tutto per impedire il raggiungimento del quorum: vietato l'accorpamento in un solo election day (con dispendio di denaro pubblico), impedito di fatto i doverosi approfondimenti sui temi in discussione, libertà di coscienza concessa ma con l'accompagnamento di autorevoli inviti a non votare… eccetera. Per cui è scattato un meccanismo molto noto ai bambini: vietategli di vedere qualcosa, e faranno di tutto per scoprire di che si tratta e vederlo. Trattandosi poi di adulti, immersi in un clima di insoddisfazione, in larga parte sono andati a votare quattro sì anche a prescindere dal merito. Avrebbero votato qualsiasi cosa pur di mandare il loro segnale di scontento.

    Occorre fare attenzione: si fa presto a dire "potenza del web!" e ad attribuire a questo mezzo la totale supplenza alle risultanze e remore di cui sopra: secondo il Digital Agenda Scoreboard della Ue 2011, l'Italia è al primo posto nella classifica dei Paesi con il più alto tasso di popolazione che non ha mai usato la rete (41%!). Le abitazioni connesse con banda larga, poi, sono la metà di quelle della media europea.

    Tutto questo significa che se la diffusione di un mezzo è limitata, per raggiungere tali vette di condivisione i messaggi circolati dovevano avere una potenza intrinseca molto forte. Potenza certamente aumentata dalla censura sugli argomenti in gioco, dalle furbizie legislative prese come un raggiro. Per cui, probabilmente, si è votato più per dare un segnale di ribellione che entrando davvero nel merito. E poi non basta un movimento virtuale a muovere così grandi forze, proprio in un ambiente dove sono all'ordine del giorno gli imbrogli presto smascherati come quello della fìnta blogger omosessuale siriana Amina Arraf (nella realtà l'eterosessuale sposato Tom MacMaster) o di Paula Brooks, animatrice del sito lesbo "Lez Get ReaT (in realtà il pensionato dell'Ohio Bill Graber). Occorre che il gruppo virtuale sia collegato con le persone e i gruppi reali: in questo senso il piccolo popolo del web ha funzionato da innesco per una polvere pirica che era sparsa dappertutto, nelle famiglie, sui luoghi di lavoro, nei gruppi organizzati. Viene quindi da chiedere dov'erano i partiti, in particolare quelli della maggioranza, visto che molti elettori dell'attuale maggioranza hanno votato per i referendum. O dove sta la loro reale rappresentanza nella società. Forse era meglio si impegnassero a discutere le ragioni del no, invece di astenersi e basta. Non hanno fatto nemmeno quello, gli scansafatiche.

    Allo stesso modo occorre rivolgere un'osservazione per quanti pensano di impadronirsi dell'energia sprigionatasi grazie ai più giovani e meno giovani abitanti del web per imbrigliarla politicamente: la richiesta è di un cambiamento, quindi farei molta attenzione ai vecchi riti e alle minestre riscaldate, pena cocenti delusioni da parte di chi ha deciso di «non accettarle più». Vale soprattutto per Pontida.

    Reply
  17. 17

    angelo

    Calderoli: «Sono d'accordo con loro» – dice riferendosi a Bonanni e Angeletti – «perché la riforma fiscale va fatta e va fatta subito. Diversamente, dovrò partecipare anch'io al loro minacciato sciopero generale e dovrò essere in piazza con loro e non più come rappresentante di un governo». «Sottoscrivo completamente quanto affermato da Bonanni, ovvero che non è più tempo di litigi, ma che bisogna mettersi tutti insieme per realizzare la riforma sul fisco. Così come sottoscrivo le parole di Angeletti quando dice che o il governo fa le riforme oppure è meglio che se ne vada a casa». «Entrambi sollecitano quello che la Lega Nord chiede da tempo, ovvero che il federalismo fiscale venga completato con una reale riforma fiscale complessiva, che riduca il numero degli scaglioni, delle aliquote dell Irpef e porti a una progressiva riduzione dell'Irap fino al suo azzeramento».

    Cosa fa, il sindacalista dopo il ministro? Se l'avessimo saputo prima ci saremmo iscritti al sindacato e non alla Lega. Per me, questo è un tradimento politico. La Lega è in crisi, altro che balle, ma non il suo popolo. Stavolta bisogna cambiare sul serio, anche i pagliacci che si sono fatti largo nel partito. E anche il partito. A domani, sul sacro prato.

    Reply
  18. 18

    Claudio

    Leggendo il commento di Kamella viene a dir poco la nausea, mentre leggendo il commento di Hellò viene la voglia di correggerlo di "Sveglia, italiani, sveglia"!

    Purtroppo mi pare di capire che i torti ai cittadini da parte di un sistema ormai diffuso e straordinariamente efficace quale quello dei costi della politica, sia ormai ben radicato in tutto il paese ed a farne le spese non sono solo i lombardi (costo medio del regionale pro capite 21 euro) ma anche altri cittadini (costo medio del regionale pro capite 353 euro in sicilia).

    Almeno in questo, come nelle fasi della vita o di fronte al giudizio universale, siamo tutti fratelli!

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  19. 19

    angelo

    Peccato, caro Claudio, che gli sprecatissimi 21 euro pro capite dei lombardi diventino quasi 320 per pagare anche i lazzaroni di altre regioni. Siamo itraliani solo nel concetto di mafiosa furbizia, ma a pagare siamo sempre noi, soprattutto lombardi, soprattutto bergamaschi. Adesso basta! Possiamo almeno dirlo?

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  20. 20

    verde padano ma non

    Se Bossi domani a Pontida, alle 11,30, ripeterà le stronzate che ha detto stasera al Donizetti, magari gli scemi applaudiranno anche, ma in pochi giorni la voglia di stroncare i capi del partito leghista e i loro servi diventerà incontenibile nel popolo padano. Staremo a vedere. Lo sa solo Dio cosa cazzo ce ne facciamo fra non si sa quanti anni di «tre ministeri a Monza: Economia, Riforme e Semplificazione a Monza. Il sindaco ci ha regalato il posto, la villa Reale, senza spendere una lira, noi andiamo là». Il quarto ministero, quello del Lavoro, forse dovrebbe andare a Milano. Ma è una grandissima e chiarissima presa per il culo! Per di più coi concorsi già vinti in partenza dai "teroni", che li hanno sempre stravinti e non vedo perchè non dovrebbero continuare a farlo, avendo le leggi e il taroccamento istituzionalizzato (quando non i mafiosi delle più varie specie) dalla loro parte. Bossi, così non andiamo più da nessuna parte!

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  21. 21

    cittadino del mondo

    Da quanto si legge pero' cari commentatori emerge solo un sentimento di odio dell'uomo sull'uomo tipico delle situazioni di stress e frutto di una mirata politica, ormai abusata nella storia, del "divide et impera". Se fosse vero che in Italia ci fossero tanti angeli nel nord e tanti diavoli tra i cosiddetti "teroni", allora il problema non si sarebbe posto a mio avviso: è noto che angeli eviterebbero lo scontro con i diavoli! Ritengo invece che in Italia ci sia una quantità di angeli (gente che tutti i giorni silenziosamente lavora, si impegna e cerca il bene della collettività credendo nella patria e nella famiglia) sparsa in tutto il territorio e che ci sia un'altrettanta parte (in crescita sigh!) di diavoli, sempre sparsi in tutta la nazione, che si impegna a sbarcare il lunario sulle spalle degli angeli! Quella che "angelo" nel suo commento chiama "mafiosa furbizia" ritengo purtroppo che non sia mappabile nei cromosomi una specifica etnia quanto sia una condizione di sopraffazione permessa dalle circostanze e dalla cupidigia.

    Focalizzarsi sulla lotta tra poveri (intento tra polentoni e teroni per stigmatizzarla in gergo baresco) credo che non faccia altro che il gioco dei furbi che da sempre non credono nelle approssimazioni ma che sfruttano questa sorta di campanilismo per depistare le tracce dai loro giochi di potere. E di questo il buon "verde padano ma non coglione" se ne sta accorgendo.

    Mi è piaciuto il concetto espresso da un altro commentatore dove con una fredda analisi "predice" una sorta di scollamento dell'euro. In effetti mettere assieme delle economie tanto diverse senza neanche una sorta di base culturale comune è di fatto impossibile. I paesi deboli debbono usare delle modalità di competizione economica diverse da quelli forti (specialmente se al momento della bisogna quelli forti, dopo aver venduto le loro merci a quelli deboli che "gonzi" le hanno comprate, si tirano indietro nell'aiutarli). Ritengo quindi che utile mossa sarebbe quella che la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l'Italia si stacchino dall'Europa del Nord per aggrupparsi alla sponda sud del mediterraneo ovvero al nordafrica, vera nostra culla della conoscenza da millenni (si pensi che dopo la disfatta di Varo neanche i Romani hanno mai più pensato di unirsi alla Germania, che invece è rimasta determinante nel momento della disfatta dell'Impero.

    Comunque a questa unione monetaria, economica, politica e culturale non saremmo i primi a pensarci ma, nella sostanza, non faremmo altro che copiare quanto i nostri antenati Romani fecero duemila anni fa e con ineguagliato successo (ve lo siete domandato il perchè?). Alla bergamasca "el fa' el disfà è semper en lavurà"

    Per unire degli stati economicamente prima bisognerebbe trovare le vere identità e radici culturali.

    Infine parlando del nord Italia lascerei a questo punto il libero arbitrio ai cittadini padani e bergamaschi in quale delle due unioni entrare: l'EU senza i PIGS o l'Unione Mediterranea (con il sesterzio come valuta). Li veramente ognuno potrebbe avere l'opportunità di giocare ad armi pari e contribuire effettivamente con le proprie risorse!

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  22. 22

    Karl Heinz Treetball

    Mi avvio all'alba, perchè alle sei e un quarto, al massimo, si deve cominciare a caricare i tavolini dei gazebo di tutto quel che ci si è portati dietro, di tutto quel che ci può star sopra. Ci avvisano. Dopo le sette, parcheggio vietato. Per quell'ora occorre aver finito di svuotare l'auto, e per noi è più dura, perché bisogna aver svuotato anche l'altra auto, una dopo l'altra. Ce la facciamo tranquillamente, anche se nessuno aiuta: ci si deve arrangiare da soli, pur essendo molti di noi di età non più giovanissima. Ore 8: tutto prontissimo, si fa colazione, si scambiano le prime impressioni. Quelle che Vi dirò fra poco.

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  23. 23

    Karl Heinz Treetball

    Colazione con quello che ci si è portati da casa. Si salutano volti noti, che da decenni si incontrano fra il popolo verde-padano. Subito dopo, a messa, nella basilica del monastero, perchè dobbiamo ricordarci comunque che è domenica, il giorno del Signore. E senza di Lui non si va da nessuna parte. L'omelia non ha l'afflato di don Goffredo o di Padre Ermes, ma è bella. Poi, bello è l'ambiente, bella è l'atmosfera.

    Un mentecatto cerca di guastarla. Mi ferma, mi dice cose idiote. Dice di essere un segretario di sezione, di essere il braccio destro di un consigliere regionale… dice tante altre scemenze. Nulla di male, tipi così ci sono sempre stati: fan finta di essere leghisti, ma in loro tutto è contro la Lega, anche se apparentemente è il contrario. Nessuno che osi prenderlo a calci in culo, però. Carenza organizzativa. Un tempo non sarebbe successo. L'avrebbero "ricoverato" subito. Raggiungo il mio settore alla postazione giornali-tv alla destra del palco. Folla tantissima. La folla di sempre. Di più ancora. Meravigliosa. Interrompe Bossi: secessione, secessione. Ma poteva forse gridarlo la folla del '96; questa grida alla nostalgia. Bossi è onesto e prudente: chiede quel che realisticamente, anche al di là, col cuore sempre un po' in là, crede di poter chiedere per il suo popolo, che non è più quello del '96. Tenerezza, ricordi gloriosi, nostalgia, cruda realtà, un po' di delusione, tutto questo nel suo discorso apparentemente piano e senza grosse asperità: il sogno della Padania libera e indipendente è finito, definitivamente. Lui, il grande Bossi, lo sa. Volete la secessione? Preparatevi. Arrangiatevi, voleva dire. E il suo popolo non capisce. Se la prenderà coi colonnelli, sempre più indaffarati nei loro traffici privati. Se la prenderà specialmente con quelli di loro che usano espressioni e tengono i comportamenti più equivoci… pensando magari ai propri interessi.

    Bisogna cambiare rotta. Ma Bossi, col malfermo suo cuore ancora legato alla bellezza di nostalgie trapassate, non può farlo. Anche per Lui, per il grande padre del Nord, della Padania mitteleuropea, è venuto il momento di lasciare. E con lui, tanti di noi. Col rischio che emergano le tante merde che circolano. Perché le merde galleggiano… e, a quel che ho visto, le si lascia galleggiare. Come quel mentecatto.

    Infatti, a frenare Bossi è l'intima convinzione che difficilmente la gente crederà compattamente ai suoi successori, che giudica essere non tutti limpidi e onesti. E poi, la Liga rischierebbe di prendere una sua strada, divergente da quella lombarda. Perchè questo è un altro dei miracoli di Bossi: ha saputo ricreare il Lombardo-Veneto. Peccato non sia riuscito a ricrearne la cultura. Oggi, essa è spesso in mano ai mentecatti…. o ai delinquenti loro similari. Zaja e Tosi hanno personalità, sono culturalmente forti, sono veneti. Io son bavarese, mi capisco per le somiglianze e le diversità con i due veneti. Ma con i lombardi? Le parole incoscienti del mentecatto non hanno molto meno afflato, "cuore", rispetto a quelle dei capi lombardi (e piemontesi. Cota è una delusione annunciata), Bossi escluso, naturalmente, e forse un po' Maroni. Il sogno sta finendo. E' stato bello. Ho come l'impressione che quel sogno abbia risvegliato il Sud, le sue pretese, la sua mafiosa voglia di dominio. E' un'impressione. Ma potrebbe anche essere realtà.

    Torniamo a casa. Dolce è la sera, fra tanto verde smagliante. Sarà bello, prima o poi. Intanto, per noi è stato bello. Anche soltanto per come l'abbiamo vissuto.

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  24. 24

    Carlotta

    Se è vero quel che è detto nel commento qui sopra, o Bossi ritiene ancora vera e valida la sua battaglia, e allora spazza via tutti quelli che hanno profittato delle sedie, che pensano più ai loro affari che al bene del popolo, e torna agli ideali originari, magari tenendosi qualcuno che ha dimostrato di crederci davvero, oppure molla tutto e dice a questi qui, poco affidabili: fate qualcosa di diverso voi. Io al raggiungimento dell'obiettivo non ci credo più. Non tirate più in ballo il mio nome e i miei simboli. io non c'entro più.

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  25. 25

    santo

    La verifica al senato. Berlusconi: «Considero la richiesta di dimissioni rivolta dalle opposizioni un mero esercizio di propaganda». «Mia ferma intenzione è di completare il programma di governo per il 2013». «Mentre l'opposizione è divisa, l'alleanza Pdl-Lega è l'unica in grado di governare il Paese». «Una crisi al buio sarebbe una sciagura», una «follia», in un momento in cui «le agenzie di rating ci tengono sotto stretta osservazione e le locuste della speculazione aspettano solo l'occasione per prendere quelle prede che mostrano segni di debolezza». «Non voglio fare il leader a vita per restare a vita a Palazzo Chigi».

    Salda l'amicizia con Umberto Bossi: «hanno provato a dividerci ma non ci sono riusciti e non ci riusciranno mai». Berlusconi promette l'attuazione della «revisione del patto di stabilità interno» per «premiare i comuni virtuosi» e «punire» quelli che non lo sono. Quanto alla riforma del fisco, «ridisegneremo l'impianto delle aliquote, vi saranno meno aliquote, solo tre rispetto alle attuali cinque, e più basse». Al riguardo non ci sono contrasti nel governo: «È una rappresentazione grottesca quella secondo cui ci sarebbe stata una spaccatura tra chi vuole aumentare il deficit e chi vuole invece praticare la politica del rigore».

    Al Senato non è prevista alcuna mozione di sfiducia. Né l'opposizione presenterà documenti su cui votare (cosa che potrebbe succedere anche a Montecitorio). La verifica di maggioranza dunque inizia in Senato e si trasferisce mercoledì alla Camera con le sole comunicazioni del premier. Dopo la riunione del gruppo al Senato, il Pd ha scelto infatti di non presentare alcun documento, neppure "tematico". Stessa linea anche per l'Udc e l'Idv, con cui ci sono stati contatti: con i numeri della maggioranza al Senato, Berlusconi avrebbe potuto facilmente incassare una fiducia piena.

    Nella sostanza: un'opposizione a sole parole, incapace di fare alcunché, e due personaggi, Bossi e Berlusconi, entrambi i quali sono ormai consci di dover abbandonare i rispettivi sogni, a lungo coltivati, avendo completamente fallito i rispettivi obiettivi, che erano le ragioni della loro alleanza. Se l'assunto è esatto, PDL e Lega rischiano la loro stessa esistenza!

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