CORPUS DOMINI ANNO C
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 11,23-26)
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Commento
Il brano della lettera ai Corinzi è la più antica attestazione dell’istituzione dell’Eucarestia da parte di Gesù. Risale all’anno 55 circa dopo Cristo. Questo racconto viene ripetuto dagli evangelisti Matteo, Marco e Luca. Riguardo al significato dell’Eucarestia vorrei soffermarmi su due punti: 1.La natura di questo sacramento che si compie nella celebrazione della Messa. 2. Le conseguenze su coloro che vi partecipano.
1. L’Eucarestia è chiamata propriamente il vertice e il culmine di tutte le celebrazioni della Chiesa e manifesta la singolarità a suo modo unica della religione cristiana, almeno per i cattolici e gli ortodossi. Il discorso per i protestanti è più complesso. I cattolici e gli ortodossi ritengono che l’oggetto fondamentale della fede, cioè gli eventi della passione, morte e risurrezione di Gesù si rendono realmente presenti nella celebrazione eucaristica. La loro presenza non si limita a quella della commemorazione, in cui un evento del passato rivive nel ricordo dei partecipanti, ma corrisponde al rendersi attuale di un fatto già accaduto in tutta la sua pienezza. Questo è possibile in forza del comando dato da Cristo: “fate questo in memoria di me”. Il fare memoria nella Bibbia non è il semplice ricordare, ma il rendere presente l’evento di salvezza che si vuol celebrare. Perciò, quando i cristiani celebrano il Memoriale della morte e rissurezione di Gesù, che è appunto la s. Messa, si rende presente lo stesso Cristo Risorto. Nella Eucarestia è presente perciò il corpo offerto e il sangue sparso da Cristo sulla croce e poi risorto, sotto i segni del pane e del vino. Questi non sono semplicemente dei simboli, ma contengono ciò che simboleggiano, anzi, più esattamente, sono ciò che essi simboleggiano. Dice Giovanni Paolo II nella sua lettera enciclica sull’Eucarestia: «Quando la Chiesa celebra l’eucarestia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e si effettua l’opera della nostra redenzione. Ogni fedele può così prenderne parte e attingerne i frutti inesauribilmente» (Ecclesia de Eucarestia, n.11). E ancora il papa afferma che nell’istituire l’Eucarestia nell’ultima Cena «Gesù consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa contemporaneità tra i tre giorni della Pasqua e lo scorrere di tutti secoli» (n. 5).
2. In forza di questa realistica presenza, il Cristo Risorto può realizzare una perfetta comunione con i fedeli, che ricevono il pane e il vino consacrati. Il fine della comunione è quello di unirci al Signore Gesù per essere trasformati da Lui, il che implica un processo di purificazione dal male profondamente radicato nel nostro cuore e di assimilazione a Lui e al suo stile di vita. Il ricevere la comunione costituisce quindi un gesto di forte impegno e di grande responsabilità. Deve essere sostenuto dal proposito di cambiamento e di conversione. Cito ancora un testo della medesima enciclica di Giovanni Paolo II: «L’efficacia salvifica dell’Eucarestia si realizza in pienezza quando ci si comunica ricevendo il corpo e il sangue del Signore. Il Sacrificio eucaristico è di per sè orientato all’unione intima di noi fedeli con Cristo attraverso la comunione. Ricordiamo le sue parole: Come il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me (Vangelo di Giovanni, 6, 57)».(Ecclesia de Eucarestia, n. 16). Ecco lo scopo dell’Eucarestia: rinnovarci e trasformarci in Gesù che si rende presente con la forza della sua grazia. Per questi motivi l’Eucarestia – questo il suo nome originario, che significa rendere grazie, ringraziamento, più tardi fu detta Messa – è il culmine della preghiera cristiana, che essa riunisce nei due momenti fondamentali: precede l’ascolto della Parola di Dio, che ci aiuta a capire la vita e le opere di Gesù; segue la sua memoria, che ce lo rende presente, perchè entriamo in comunione con Lui. Sbaglia dunque chi, non partecipando all’Eucarestia, afferma che ha più valore pregare il Signore da solo e spontaneamente. Pur con il dovuto rispetto, si è lontani da una prospettiva autenticamente cristiana, la quale è profondamente eucaristica.
2 Comments
Ernestina Maria Ghilardi
Eccellenza, Lei è sacerdote, pastore e anche uno storico, ed è per me una fortuna poter colloquiare con Lei, fortuna non concessa a tanti fedeli che nemmeno sanno di queste nuove possibilità.
Nel brano da Lei citato la Storia ha un ruolo importantissimo: l’Eucaristia non è soltanto il grande miracolo del nostro materiale congiungimento a Dio, cosa di per sé grandiosa, ma anche il nostro saldarci con la Storia fondante la nostra civiltà. Che cosa altro non è la memoria richiamata?
Oggi questo aspetto è trattato come i ferrivecchi: memoria? Chi se ne frega! L’importante è l’oggi, poter fare qualunque cosa, anche a danno degli altri, senza doversi relazionare col passato, anche recente, salvo che sia utile nell’immediato. Praticamente, licenza di tirare fregature: bravi se ci sivriesce e se hanno saldo positivo.
Società liquida, ricordava Lei: termine colto per dire società distrutta nella sua stessa idea di gruppo vivente. In essa, se non si cambia indirizzi, il Cristianesimo non può avere spazio, essendo fondato sulla memoria responsabile. Mi pare.
Lo stesso insegnamento storico è a mio avviso pazzesco: ieri ho chiesto a una dolcissima e vispa bambina di seconda elementare quali argomenti storici avesse trattato finora a scuola. Mi ha risposto che ha imparato a distinguere l’oggi da ieri e dal domani. Cosa confermata dalla mamma presente al mercato. Storia, questa? I racconti che nelle famiglie ci tramandavamo, la stessa tradizione orale che sta alla base dell’Iliade e dell’Odissea, cosa erano? No, no, qui se non ci si ribella, usando soprattutto il buonsenso, si finisce inghiottiti dal buio del male.
Goffri
La celebrazione dell’Eucarestia ci ricorda tre atteggiamenti di fondo, su cui si costruisce la nostra umanità. Il primo è costituito dalla memoria: sapere chi siamo, da dove veniamo, conoscere gli errori e gli insegnamenti del passato, consapevolezza dei propri limiti. Questo è necessario per vincere l’illusione che tutto comincia da noi. Nella tradizione di cui dobbiamo conservare il ricordo, vi è anche il Cristianesimo. Il secondo è la consapevolezza di dover ringraziare. Ciò che abbiamo non è nostro, ma ci è stato donato. La celebrazione eucaristica significa appunto ringraziamento. Questo obbligo riguarda ogni uomo, anche il non credente. Tale atteggiamento lo troviamo nel bambino, che appena parla esprime il suo stupore chiedendo: perché questo? L’incanto di fronte alle cose scompare però ben presto. Sollecitato anche dagli adulti, il bambino impara a chiedere e a pretendere che tutto gli è dovuto. Esce dalla logica del dono, pretende e dona sempre meno. L’altro atteggiamento è lo spirito di servizio. Gesù nell’ultima Cena compie due gesti: istituisce l’eucarestia e lava i piedi agli apostoli, chiarendo il senso del sacramento che istituito. Senza la costante di questi tre atteggiamenti: memoria, ringraziamento e spirito di servizio, così costitutivi dell’Eucarestia, non solo non si costruisce il cristiano, ma nemmeno l’uomo.