DOMENICA III ORDINARIO A
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4,12-23)
12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: 15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! 16Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. 17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Commento
Gesù inizia la sua predicazione in terra di Galilea, scegliendo come abitazione Cafarnao, uno dei suoi centri principali, a differenza di Nazareth, villaggio del tutto periferico. Il contenuto è sintetizzato nella sola conversione, una parola che indica una seria revisione di vita in vista di un cambiamento. Vorrei insistere sulla dimensione sociale della conversione, poichè non solo i singoli, ma la società nel suo insieme è chiamata alla conversione. Voglio proporre qualche elemento, che ritengo interessante, in relazione all’omicidio dei genitori da parte di un amico istigato e plagiato, così sembra, dallo stesso figlio. Alcuni commenti invitano ad una conversione collettiva per rimediare al fenomeno preoccupante: la difficoltà attuale di trasmissione dei valori dai genitori ai figli.
I ragazzi di oggi vivono in un mondo in cui le cose che contano sono diverse rispetto a quelle dei genitori. Tuttavia a godere di un consenso sociale è il mondo dei figli. Al centro di questo mondo c’è una cultura del narcisismo, riassumibile nel mantra oggi spesso ripetuto e giudicato come ovvio: sii te stesso; realizza tutti i tuoi sogni, non farti condizionare da nessuno. Prevale un’educazione al culto del successo facile del corpo come via al successo, sul modello dei calciatori e delle stelline. I genitori, anche i migliori sono rimasti soli nel contrastare questa mentalità. E’ finito il tempo in cui i metodi educativi della famiglia non venivano smentiti dal contesto. Oggi invece la smentita è continua.. Nessun rifiuto, nessun “no” che venga detto trova una sua legittimazione nel mondo di fuori. Ora questo fallimento educativo è una delle cause, non una conseguenza della crisi italiana.
I figli vogliono escludere troppo presto i genitori dalle loro scelte. Quello che pone il cartello”keep out” sulla porta della cameretta; quello che non toglie le cuffie dell’iPod. Padri e madri non sanno che fare: fidarsi dei figli e del loro senso di responsabilità, rischiando di essere traditi? O trasformarsi in occhiuti sorveglianti, rischiando di essere odiati? Lo spaesamento è testimoniato dall’espressione usata correntemente dagli educatori nelle loro conversazioni: “Che fai?”.
Bisogna pure fare qualcosa e non accettare passivamente. Ci vorrebbe una santa alleanza tra genitori, insegnanti, media, intellettuali, idoli rock, stelle dello sport, per riprendere come emergenza nazionale il tema dell’educazione e sottoporre ad una critica di massa la cultura del narcisismo. Ma questo compito non esige forse una seria conversione e un pò di coerenza da parte di tutti, pena la rovina non solo dei singoli, ma dell’intera società?
Una luce deve risplendere nelle fitte tenebre che offuscano la mente di molti, se non di tutti!