Autore

Luca Allevi

Dottore commercialista, pubblicista. Partner Leaders e del network Gruppo 24 Ore. Magistrale Economia Bocconi e Master RE NY University. Ha lavorato in Pizzarotti, Essex Capital NY e Avalon RE. Cell. 338-378.57.65 luca.allevi@leaders.it

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6 Comments

  1. 1

    franco

    Lega ogni giorno sempre più patetica !!!
    Bossi o Calderoli andrebbero rottamati …

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  2. 2

    casimiro

    Trovo interessante il commento di ieri di Giuseppe su Bergamonews: è una chiave interpretativa che, da un lato, conferma alcune posizioni sopra espresse da Pagliarini, ma dall’altro lato ne pone in evidenza le manchevolezze.

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  3. 3

    Prode Anselmo

    Letto per voi: Il Fatto Quotidiano pubblica un articolo sulla biografia non autorizzata “Maroni. Una vita da mediano” in uscita fra pochi giorni e rammenta quando Bobo Maroni ha arringato i colonnelli e i fedelissimi a Bergamo.

    Bossi contro Maroni
    eterno duello nella Lega

    Nella biografia non autorizzata “Maroni. Una vita da mediano”, in uscita tra pochi giorni, è ripercorsa la storia delle occasioni mancate, dei sogni infranti dei militanti del Carroccio che volevano Bobo a capo del popolo padano e che proprio da lui sono stati spesso zittiti. La storia del generale che si rifiuta di guidare l’esercito Le fortune della Lega sono inversamente proporzionali alla popolarità di Roberto Maroni.

    Se la politica potesse essere raccontata attraverso delle formule matematiche, questo probabilmente sarebbe uno dei postulati cardine per la comprensione degli alterni destini del Carroccio e del suo eterno numero due. Quando il movimento è difficoltà la militanza gioca la carta Maroni, il barbaro sognante che accende l’entusiasmo dei suoi guerrieri. È successo così nella seconda parte del 2011. Un anno in cui la Lega è riuscita ad essere tutto e il contrario di tutto, generando una frattura interna senza precedenti. Una frattura che ha sancito la nascita di una dicotomia lacerante e senza apparenti possibilità di ricuciture. Una Lega duale, in cui per mesi hanno convissuto due anime contrapposte. Quella di governo e quella di lotta, quella berlusconiana e quella antiberlusconiana, quella cerchiomagista e quella maroniana. Di fronte alle manovre estive partorite da Tremonti e dal governo di Silvio Berlusconi, la militanza leghista è apparsa confusa.

    Come se non bastasse, dopo l’annuncio dei tagli agli enti locali anche i borgomastri del Carroccio hanno iniziato a mordere la mano del loro padrone. Tutto sembrava precipitare e a settembre il malcontento era talmente diffuso e profondo che i sondaggi interni al movimento davano una Lega in caduta libera, sotto al 5%. In quel preciso momento lo stesso sondaggio diceva che se la Lega avesse cambiato leader, affidandosi a Maroni, avrebbe raggiunto risultati mai sperati, attestandosi sopra al 12%. I sondaggi lasciano il tempo che trovano, soprattutto quando sono tramandati oralmente come dei miti e non sono sostenuti da una documentazione ufficiale e probante. Ma la sensazione è che quei numeri per un po’ abbiano inebriato lo stesso Bobo Maroni, che durante l’anno ha messo in moto la macchina del dissenso interno. Ha arringato i colonnelli e i fedelissimi in riunioni tra Bergamo, Brescia e Varese. Ha contato i numeri e mostrato i muscoli. In aula come sul territorio, in occasione delle elezioni per il rinnovo dei segretari locali. Ed è proprio nelle settimane che hanno preceduto l’elezione del segretario provinciale di Varese che si è consumato lo scontro più duro tra le truppe maroniane e il cerchio magico bossiano. Un braccio di ferro tesissimo, che ha costretto il gruppo di potere più vicino alla famiglia Bossi a far esporre il Capo in persona, che ha indicato il suo candidato, dando vita a un periodo di tensioni impensabili per un movimento come la Lega. Il giorno delle elezioni è scoppiata la rivolta. Decine di delegati si sono scagliati apertamente contro la decisione di imporre, senza voto, un candidato unico. In quel momento sarebbe bastato un cenno di Maroni per far compiere ai suoi soldati il passo decisivo verso la svolta. Invece no. Lui ha preferito suonare ancora una volta la ritirata. Insomma, Roberto Maroni è sempre arrivato ad un millimetro dal successo, dal traguardo, dalla leadership, ma ogni volta, per un motivo o per un altro, si è dovuto o voluto accontentare di accodarsi, di fare il gregario, di chinare il capo. Un personaggio carismatico e per certi versi ambiguo, che molti leghisti vorrebbero alla guida del loro partito. A lui è stata dedicata una biografia non autorizzata intitolata “Maroni. Una vita da mediano” (Editori Internazionali Riuniti), in uscita tra pochi giorni.

    È la storia delle occasioni mancate, dei sogni infranti dei militanti leghisti che lo volevano a capo del popolo padano e che proprio da Bobo sono stati zittiti in ogni occasione che conta. Un libro che tratteggia la vicenda politica del personaggio attraverso interviste esclusive agli amici, agli amministratori che gli sono più fedeli e ai leghisti di strada che ancora lo spingono a rompere con il cerchio magico del Senatur e fare il grande salto al timone della Lega Nord. Pagine da cui emergono azioni e contraddizioni che ne hanno scandito l’attività e il pensiero politico, dalla giovinezza ai giorni nostri. Probabilmente non esiste una ricetta per il superamento della leadership di Umberto Bossi, ancor meno dopo la fine del governo Berlusconi. Certo è che dietro l’apparente calma ritrovata di questi giorni bollono ancora gli stessi rancori di qualche mese fa e prima o poi i malumori torneranno a galla.

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  4. 4

    Vecchio socio fondatore

    Ottimo articolo, quello sopra riportato da “Il fatto quotidiano”, che riflette la vera situazione all’interno della Lega. Maroni vorrebbe fare il salto ma non lo fa semplicemente per la paura di perdere la sedia che si tiene ben stretta all’interno del movimento, con i connessi poteri di controllo e ricatto. La situazione vera è che a livello bergamasco il fiume di voti che da sempre riempiono il canestro alle elezioni si sta svuotando. Una segreteria, quella di Invernizzi e del suo amicone Pedretti, del quale è succube, incapace di dare una linea politica: infatti, sta determinando lo sfacelo di molte sezioni, Albino, Curno e Mozzo in testa, stando a quel che si legge. I militanti della prima ora stanno scappando. Io non sono ancora scappato, ma sono incazzatissimo. Alle prossime elezioni avremo: a) una Lega che non supererà il 10% nella bergamasca, o anche meno; b) l’ultima edizione in chiave leghista della Provincia; c) amministrazioni comunali dove fioriranno liste civiche con indirizzo di centro/sinistra; d) dimezzamento dei parlamentari e dei consiglieri regionali, e questo sarebbe ancora il meno peggio. L’ora della resa dei conti è alle porte. O la Lega cambia indirizzo e segretario, almeno provinciale (dubito!!) o sarà la morte di un movimento che ha suscitato grandissime speranze e che ormai sta arrivando al capolinea per la sua deriva da partito fatto da piccole congreghe di piccoli uomini.
    Fra’ Gargario da…(dove volete voi)

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  5. 5

    Rita

    Consiglio ai cosiddetti dirigenti leghisti di usare l’olio Pinna, reclamizzato da Roberto Vitali, oppure, meglio, qualunque altro olio di minor pregio, anche quello dei discounts, per ungersi la fronte e il buco del …

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  6. 6

    Trotto Mignotto

    Letto per Voi da “Il Fatto quotidiano”:

    I soldi della Lega Nord?
    Finiscono investiti in Tanzania
    Un articolo del Secolo XIX ricostruisce gli investimenti del Carroccio. Norvegia, Cipro e anche il continente nero la destinazione del denaro, movimentato dal tesoriere Belsito. Polemiche della base nel partito che oggi riunisce la segreteria. Salvini: “Le sezioni fanno fatica a pagare l’affitto. Mi auguro che ci sarà una spiegazione per ogni quattrino”
    C’è aria di burrasca nella Lega Nord dopo la diffusione delle notizie sui giri di denaro che hanno interessato i conti del partito, documentati con dovizia di particolari in un articolo pubblicato domenica sul Secolo XIX. Di questi soldi, provenienti dai rimborsi elettorali, tanti nel movimento non sapevano nulla e probabilmente sarà la segreteria politica in programma per oggi nella sede milanese del Carroccio a chiarire la faccenda.

    Negli ultimi giorni dell’anno appena concluso un conto da 10 milioni di euro, gestito direttamente dal segretario amministrativo federale del Carroccio Francesco Belsito, è stato letteralmente prosciugato e i soldi sono stati investiti in gran parte all’estero tra Norvegia, Cipro e Tanzania. Stando alla ricostruzione del quotidiano genovese, i movimenti-base dei soldi leghisti verrebbero gestiti attraverso diversi conti correnti ordinari nelle varie filiali del Banco popolare, i movimenti straordinari sarebbero invece coordinati da Banca Aletti.

    “I movimenti-base – si legge nell’articolo di Mari – sono vistosi spostamenti, in entrata e in uscita: nell’ultimo semestre dai soli conti liguri sono stati trasferiti almeno 700 mila euro ad altri conti della Lega Nord, sono stati emessi almeno 450 mila euro in assegni circolari e lo stesso Belsito ha ritirato in contanti almeno 50 mila euro”.

    Per quanto riguarda invece il fitto programma di investimenti leghisti andato in scena tra il 15 e il 30 dicembre scorsi le cifre sono ancora più corpose. Il primo movimento porta dritti a Cipro: “1,2 milioni di euro dalla Lega Nord per l’acquisto di quote del fondo “Krispa Enterprise ltd”. Il fondo è basato a Larnaca, città turistica della costa meridionale, vicina al confine con Cipro Nord”. Passa qualche giorno e un’altra parte dei fondi del partito di Bossi partono alla volta del nord Europa: “7,7 milioni di corone norvegesi (poco più di un milione di euro) vincolato per sei mesi a un interesse del 3,5%”. L’ultimo spostamento di danaro ordinato da Genova è quello per “il collocamento dei 4,5 milioni di euro per un’operazione in Tanzania”. Quest’ultimo investimento, sempre stando alla ricostruzione del Secolo XIX, coinvolgerebbe anche il consulente finanziario Stefano Bonet, il cui nome è legato anche ad un rocambolesco fallimento societario risalente al 2010, oltre ad essere in affari con l’ex ministro Aldo Brancher (che si è dimesso dopo 17 giorni perché indagato sulle scalate ad Antonveneta).

    Francesco Belsito, plenipotenziario tesoriere del Carroccio legato con un filo diretto al Capo, Umberto Bossi, ha puntualizzato che “queste informazioni sono una grave violazione della privacy e delle regole bancarie”, spiegando di non conoscere nel dettaglio le operazioni, perché, dice, “noi ci affidiamo a banche e promotori di cui ci fidiamo. Non sono operazioni in paradisi fiscali ma investimenti alla luce del sole. Noi investiamo con concretezza, ci fidiamo dei nostri consulenti e scegliamo le cose migliori”.

    Inutile dire che la notizia non è stata accolta con entusiasmo in casa leghista dove c’è già chi auspica una spiegazione, come l’eurodeputato Matteo Salvini, che ricorda: “Ci sono diverse sezioni che chiedono 100 euro ai militanti per pagare l’affitto a fine mese. La Padania, il nostro quotidiano, versa in difficoltà economiche che tutti conoscono. E poi leggiamo della Tanzania… Spero, per rispetto dei militanti, che ci sarà una spiegazione per ogni quattrino speso”.

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