Il populismo cronico: il vero cancro della politica italiana
In un’Italia sempre più polarizzata, il dibattito politico si riduce a slogan, insulti e promesse irrealizzabili. Matteo Salvini grida “alziamo le pensioni”, Giuseppe Conte promette “reddito per tutti”, Elly Schlein invoca “giustizia sociale”. Persino i “Verdi e Sinistra” – un nome che evoca caricature – si presentano come paladini dell’ecologia, come se esistessero “amanti dello smog” da combattere. Questo è il populismo italiano: un veleno che paralizza il Paese, fingendo soluzioni facili a problemi complessi. Non è destra o sinistra il problema, ma l’incapacità di governare con competenza e visione.
Salvini: il populismo della rabbia identitaria
Matteo Salvini, leader della Lega nonostante che la maggioranza degli elettori preferirebbe Zaia, incarna il populismo di destra: un mix di retorica anti-immigrati, protezionismo e, soprattutto, la lotta per salvare i pensionati a danno dei giovani. La sua crociata per alzare le pensioni e bloccare ogni riforma previdenziale riempie piazze di ultrasessantenni, ma paralizza il Paese. Risultato? Un sistema pensionistico insostenibile con i giovani che pagano contributi per pensioni tripli rispetto ai loro futuri assegni. Il federalismo fiscale resta un miraggio. Salvini eccelle nel cavalcare la paura – opponendo generazioni – ma governa con compromessi, rivelando ipocrisia. Il suo populismo divide la società, sacrificando gli under 30 per compiacere il voto anziano ma, senza i giovani, per gli anziani sarà dura …
Conte: il populismo del “tutto gratis”
Giuseppe Conte, ex premier dei 5 Stelle, rappresenta il populismo di sinistra-centro: promesse universali e assistenzialismo. Il Reddito di Cittadinanza, bandiera del M5S, ha distribuito miliardi (oltre 80 dal 2019) ma ha creato dipendenza: solo il 13% dei beneficiari ha trovato lavoro stabile (dati Anpal). Conte parla di “cittadinanza europea” e “transizione ecologica”, ma il suo governo ha speso 200 miliardi in bonus senza piano industriale. Oggi, dal suo scranno all’opposizione, critica tutti tranne se stesso. È il classico populismo che compra consensi con soldi pubblici, ignorando il debito al 140% del PIL e la crescita anemica (0,7% annuo medio).
Schlein e la sinistra identitaria: slogan contro fatti
Elly Schlein al PD ha portato un populismo “woke” importo: diritti LGBTQ+, femminismo intersezionale, lotta al “patriarcato”. Nobile in teoria, ma sterile in pratica. Il PD di Schlein ignora operai e ceti medi: Bergamo, con la sua industria (70% del PIL provinciale da manifattura), ha bisogno di politiche pro-impresa, non di quote di genere forzate. Schlein ama attaccare Meloni per “fascismo”, questo sembra essere il suo progetto politico. Il suo populismo è performativo: tweet virali, ma zero proposte concrete.
“Verdi e Sinistra”: il paradosso dei nomi vuoti
Il caso “Verdi e Sinistra” è emblematico. Un partito che si chiama così presume oppositori “pro-smog” o “pro-destra ideologica”. È populismo nominale: etichette che sostituiscono programmi. In Parlamento, hanno votato contro il Ponte sullo Stretto (pur ecologico) e per sussidi green inefficienti. L’Italia emette l’8% delle CO2 UE, ma loro preferiscono ideologia a nucleare pulito o idrogeno. Essere “di sinistra” non è un programma: è un’etichetta che maschera l’assenza di idee, come Salvini usa “prima gli italiani” per giustificare immobilismo.
Perché il populismo è il vero problema dell’Italia
Questi leader condividono il DNA populista:
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Semplificazione estrema: Problemi complessi (debito, demografia, energia) ridotti a capri espiatori.
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Promesse irrealizzabili: Deficit spending senza coperture, leggi ad personam.
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Polarizzazione: Destra vs sinistra come guerra santa.
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Assenza di competenza: Nessun piano strategico vero.
Risultato? crescita PIL al 0,8% (2025 proiezioni IMF), disoccupazione giovanile al 22%, imprese che delocalizzano. Il populismo blocca riforme: Giustizia (ultima in UE per tempi), PA (3,5 milioni di statali improduttivi), fisco (maggior carico fiscale OCSE).
La via d’uscita: politica della competenza
L’Italia ha bisogno di leader che parlino dati, non pance. Un programma vero: investimenti nella tecnologia, nella sanità, nell’educazione e, soprattutto, indicando dove tagliare le spese inutili, azzerando l’assistenzialismo, i sussidi, le agevolazioni e tutto quanto serve solo a creare consensi elettorali. Basta con Salvini che urla, Conte che elargisce, Schlein che moraleggia. Il populismo non è destra o sinistra: è il nemico comune.
L’Italia e Bergamo, culla di imprenditori, meritano di più. Nel 2026, votiamo competenza, non slogan. Altrimenti, il declino continuerà.





