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  1. 1

    Falqui

    La Lega non è più il movimento popolano di una volta. Guardate alle tv i loro esponenti:sono passati dalle canottiere ai gemelli ai polsini delle camicie e agli abiti gessati. Si cambiano d’abito solo per il raduno di Pontida. All’ultimo si vendevano calzini taroccati, ovvero con la stella della Padania con otto petali anzichè con i sei petali. Nessun padano autentico avrebbe fatto un errore simile con il simbolo della Padania. Sorge il dubbio che li abbiano commissionati a qualche laboratorio cinese. Comincio a pensare che il raduno di Pontida è ormai una messa in scena e i cosiddetti “idioti” nel significato buono, presenti ai raduni con le corna e oggettistica varia, non sono più quelli autentici delle origini, ma taroccati anche loro per fare scenografia e basta. Anche il linguaggio di Maroni usato a Zanica per chiamare a raccolta i sindaci “gerrieri”, contro l’Imu, è sembrato un armamentario fuoricorso, nemmeno folcloristico ed infatti sono stati proprio alcuni dei sindaci leghisti (vedi Masper di Treviolo) a rispondere “non obbedisco”.

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  2. 2

    Prode Anselmo

    Starei più attento nell’affermare che “la Lega non è più il movimento popolano di una volta”. Il Movimento continua ad esistere, ed è l’unico movimento che una qualunque forza politica nazionale possa vantare alle proprie spalle. Diverso è il ragionamento rispetto al partito “Lega Nord”, che non rappresenta più, o poco, il Movimento nel Parlamento e nelle istituzioni. Concordo, quindi, circa la falsificazione cui ricorrono i vari (generalmente incapaci) politicanti, i quali passano dai “gemelli ai polsini delle camicie e agli abiti gessati” alla falsissima divisa che indossano “solo per il raduno di Pontida” o per consimili manifestazioni, le quali rischiano di diventare “ormai una messa in scena”. Ciò non toglie che “i cosiddetti “idioti” nel significato buono” siano ancora presenti ai raduni, con le corna e oggettistica varia, inconsapevoli di essere usati “per fare scenografia”, ma presenti, immeritevoli di “capi” che in buona parte li hanno traditi. Proprio loro, quegli “idioti”, sono la certezza della sussistenza popolare di una speranza politica che non è morta e che attende persone che sappiano risvegliarla, persone che nel linguaggio abbandonino gli slogan fini a se stessi e un “armamentario fuoricorso, nemmeno folcloristico”, per passare a esposizioni degne della tenace e cristallina speranza cui devono corrispondere.

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