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11 Comments

  1. 1

    angelo

    Come sempre, ci si impiega una settimana e anche più a leggere un articolo di questo signore. Dietro la facciata burlesca ci sta della teoria politica pura, che da un lato fa chiarezza ma che dall’altro lato angoscia e ti fa sentire in una morsa, dalla quale non sarà facile uscire.

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  2. 2

    francesco

    Va bene il richiamo storico al senso di libertà dei Greci, serio e approfondito, va bene l’intuizione dei nuovi media, non ancora lottizzati, quali mezzi per esprimere e conquistare libertà, ma come si può interpretare quell’antico modello democratico ai tempi d’oggi?

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  3. 3

    Francesco Nosari

    Ti rispondo subito, visto che sei qui al mio fianco: aspetta la seconda puntata.

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  4. 4

    Prode Anselmo

    Quando per la prima volta ho letto un articolo di questo vostro collaboratore, a parte la vasta cultura, mi ha colpito il senso quasi di estremizzazione dei contenuti. Mi sono detto: che esagerazione!. Poi regolarmente si è verificato anche di peggio. Anche stavolta, letto l’articolo, mi son detto più prudentemente: mi sembra un po’ esagerato!
    Poi salta fuori che i partiti sono casseforti di denaro letteralmente “rubato”, e normativamente protetto, comunque “intoccabile” per l’Agenzia delle Entrate e per Equitalia. Il tutto, né più né meno di quanto accade per le associazioni mafiose, se si prescinde dallo scopo direttamente criminale di queste ultime. Ancora una volta ci aveva visto giusto, il vostro amico, e mi sa che l’opinione che induce, e cioè che il terrorismo fiscale messo in atto dal governo “tecnico” potrebbe essere l’arma di conquista del potere assoluto da parte dei detentori delle immense risorse liquide delle varie cosche, partiti compresi, di per sé terribile e incredibile, potrebbe anche non essere lontana dalla verità..

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  5. 5

    casimiro

    Ho finito ieri sera di leggerlo. Mamma mia! Che strizzatura di cervello! Aspetto la seconda parte, ma con calma. Devo prima fare un po’ di shampoo di acqua fredda in testa

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  6. 6

    Prode Anselmo

    A ulteriore conferma, abbiamo avuto addirittura la cosiddetta politica cantata dal Celentano…. Altro che esagerazioni!

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  7. 7

    angelo

    Credo che ormai per i partiti sia giunto il momento del redde rationem: quando la gente muore di fame o va in miseria, la gente s’infuria e può compiere anche strani gesti… contro tutti i pagliacci del circolo dei politicanti, spesso ladri travestiti.

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  8. 8

    angelo

    Aggiungo la sottolineatura di un inciso dell’articolo: la commedia è spesso anticipatrice della tragedia.

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  9. 9

    alberto

    Ma quale autonomia possono darsi i nostri popoli all’interno di uno Stato così burocratizzato, per di più in senso meridionalistico?

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  10. 10

    angelo

    Vorrei tradurre la parte centrale del testo sopra riportato rispetto a una situazione concereta:
    Si è spesso accusato il Sindaco di Curno di comunicazione “acculturata”, quindi, secondo la vulgata, incomprensibile. Vediamo di analizzare il perché della necessità di introdurre finalmente anche a Curno, come in altri Comuni, tale tipo di comunicazione, tralasciando qui il problema (falso problema, in quanto assurdità a priori) di un linguaggio popolare che sarebbe inconciliabile con un pensiero compiuto e colto. Il Sindaco, nel caso di Curno, ha indirizzato la sua comunità, pur soggetta alle norme di uno Stato burocratizzato in forma meridionalistica, quindi, elevata all’ennesima potenza, come la storia insegna, a essere padrona di se stessa, dunque, per quanto possibile autonoma. Ciò presuppone che i curnensi debbano innanzitutto sentirsi non di­pendenti da alcuno, capaci il più possibile di arrangiarsi da soli, come sempre hanno fatto, come è nel loro istinto, essere infine capaci di provvedersi di tutto il necessario. A partire dalla loro casa, dal loro ambito privato e, in misura crescente, poi anche nell’ambito pubblico della loro comunità. Dunque, in linea teorica, i curnensi, se vogliono esercitare quella piccola autonomia che è loro concessa da uno Stato sempre più autoritario, debbono orientarsi a sbrigare insieme solo quel che concerne la conviven­za nella comunità, che deve essere regolato il più possibile dal di­dentro mediante l’accordo generale, riducendo al minimo le circostanze in cui compiti pubblici debbano essere delegati a singole persone, ciò da cui scaturisce solitamente un potere che non corrisponde a una concezione pura dell’autogoverno di una collettività.
    Ma tale “rosea” prospettiva collide coi contrasti esistenti nella comunità stessa, per di più in larga parte eterodipendente (dallo Stato e dalla burocrazia), destinati necessariamente a rafforzarsi con la moltiplicazione delle pretese (e con esse dell’autoritarismo locale, per non dir di peggio) e dall’altro della povertà e del bisogno, ciò che dà inevitabilmente luogo a conflitti.
    In assenza della permanenza nella coscienza sociale di forti istanze superiori, c’è innanzitutto una grande necessità di equilibrio fra i componenti: esaltare ­la correttezza, l’onestà e il reciproco rispetto è senza dubbio il primo ineludibile passo, in quanto condizione necessaria per addomesticare il più possibile le passioni e interiorizzare il controllo degli istinti, fattore che dovrebbe essere continua­mente riconquistato nella cerchia dei membri della comunità medesima. Essi, infatti, sono elementi insopprimibili nel suo ambito. Peraltro, e l’esperienza lo insegna, non si può pensare che a questo possano ovviare le istituzioni, le quali sono comunque strumenti esecutivi di qualcosa che viene predeterminato.
    Tale problema, quello della continua riconquista pregiuridica dell’equilibrio sociale, va riaccreditato nel suo assillo ai singoli cittadini e alla comunità nel suo insieme, in quanto compito non delegabile nella sua attuazione. Qui entra in scena la politica: il Sindaco, come altri personaggi dotati di specifica competenza, hanno il dovere di corrispondere ad aspettative così par­ticolarmente elevate. E possono corrispondervi tanto meglio, quanto più sanno cogliere le tensioni presenti nel pubblico, arti­colando dunque i problemi della convivenza, anche per vie traver­se, ma comunque in modo estremamente abile e suggestivo: come fece Omero nell’Iliade. Più gli uomini sono liberi e, quindi, i rapporti fluidi, in essi sorge istintiva la necessità di cercare forme espressive per guada­gnare sicurezza di sé e per affermarsi, forme espressive della de­nuncia ma anche dell’intesa con gli altri. In forme audaci, nitide ma anche elastiche, addirittura poetiche. E per impedire che si possa o debba ricorrere all’istituzione di un potere auto­ritario come via d’uscita (a Curno tale potere sarebbe addirittura potenzialmente pericoloso), va quasi da sé che si debba sviluppare un pensiero politico. Una riflessione che deve cercare di indagare i rapporti di forza esistenti nella comunità, quelli che potremmo chiamare i risvolti legali della loro reciproca interazione. Perché se Curno vuole essere per quanto possibile libera, deve sapersi governare da sé.
    Però, là dove la po­sta in gioco è alta, le questioni che si pongono relativamente alla coesione del sistema non possono limitarsi all’ambito politico. De­vono parimenti coinvolgere il cosmo. Si è addirittura stimolati a volgersi alla filosofia e alla scienza, e si trovano le risposte in un pensiero che si può evidentemente sviluppare soltanto in una so­cietà libera. Là dove molte cose sono in movimento, e dove parimenti non si vuole che predomini un soggetto (uno a caso, magari un delinquente e mafioso, come sta capitando troppo spesso anche qui al Nord), occorre trovare criteri obiet­tivi secondo i quali tutti devono comportarsi e articolarsi. E non solo in Curno, questo è il bello. Perché tale prassi è di per sé espansiva. Può dar luogo, per esempio, a nuove concezioni di struttura urbanistica, alla ri­cerca di nuovi equilibri nel sistema di assistenza medica, a nuove funzionalità istituzionali e politiche, persino a nuovi canoni nella considerazione della persona umana: nel complesso tutta una serie di modi espressivi che mettono in luce come la società curnense debba essere assillata dai propri pro­blemi, tanto da costringerla a cercare soluzioni ovunque esse sem­brino profilarsi, in continua progressione mano a mano che i problemi e le circostanze mutano.
    Come si può percorrere tale strada se non mediante pensiero e linguaggi acconci, seppur mai escludendo anche, e soprattutto, quelli cosiddetti “popolari”?

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  11. 11

    casimiro

    Par di capire che quella sopra riportata sia l’impostazione teorica del programma più propriamente politico, sostanzialmente partecipativo e autonomista, dell’attuale Sindaco di Curno, che pare abbia riproposto la propria candidatura alle prossime elezioni comunali. In ogni caso, devo dire che l’esposizione/traduzione è interessante e stimolante.

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