Autore

Giuseppe Allevi

Dottore Commercialista, Revisore dei Conti e pubblicista. Partner Finanza Olistica S.r.l. (consulenza aziendale e gestione patrimoniale)

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20 Comments

  1. 1

    guglielmo

    Ma quale nuovo leader? Bossi è l'unico e indiscusso leader. C'è disagio, questo forse sì, magari contro il cerchio magico, come ormai si dice apertamente. Ma di leader ce n'è uno solo. Gli altri non sono mai stati capaci di indicare anche soltanto una via per il federalismo. Certo, il momento è nero più che verde, bisognerà cambiare moltissimo al nostro interno. Ma non servono rotture: si deve andare avanti, magari con più realismo e onestà, ma senza magìe.

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  2. 2

    Aristide

    Nerone com’è noto, trovò alla fine il coraggio di uscire di scena. Le sue ultime parole furono ‘Qualis artifex pereo!’: quale artista muore con me! Però, prima che le cose precipitassero, aveva fatto pubblicamente il voto che, se avesse conservato l’impero, si sarebbe esibito nei giochi per la vittoria che contava di conseguire suonando gli organi idraulici, il flauto e la cornamusa; l’ultimo giorno dei giochi si sarebbe esibito anche come attore, danzando il ‘Turno’ di Virgilio. Non poteva fare qualcosa del genere Bossi, a Pontida? Avrebbe finito in bellezza. Gli avremmo perdonato l’aver egli messo in non cale il luciferino, colto, intelligente professor Miglio, ignominiosamente liquidato come “una scorreggia nello spazio”.

    Perché la Lega lombarda e Bossi in primis, che l’ha fondata – non dimentichiamolo – sono stati qualcosa di grande nella storia dell’Italia. Avevamo sperato di non morire democristiani, forse il sogno si è avverato, non moriremo democristiani. Però si può morire anche peggio. La verità è che avevamo anche sperato in un’Italia migliore, ma adesso non speriamo più. Sì, un’Italia federale, dignitosa, un’Italia sottratta all’oligopolio dei soliti noti, che cambieranno anche nome, ma poi sono sempre gli stessi. Avevamo sperato che l’Italia non fosse più quella descritta dal sociologo Edward C. Banfield, l’Italia del familismo amorale, che lo studioso americano studiò in un paesino della Lucania. E adesso invece? Dobbiamo fare i conti con un certo Trota, che guarda caso è figlio di Umberto Bossi. Il quale, per parte sua, è prigioniero del cerchio magico tracciato da due donne fatali, la signora Marrone in Bossi e la grintosa Rosy Mauro. All’interno del cerchio, Bossi e il suo carisma, il quale tiene il luogo di sacra reliquia del Bossi che fu. Com’è noto, le sacre reliquie possono essere oggetto di sacrilego commercio.

    Sì, Bossi è stata una grande speranza. C’è stato un tempo in cui i poteri forti hanno avuto paura di Bossi, e una fifa verde di Miglio.

    Però, attenzione a non perdere il contatto con la realtà. È vero che Bossi è prigioniero del cerchio magico. Ma il problema non è Bossi, il problema è la degenerazione della Lega nord che, per usare la famosa espressione coniata da Enrico Berlinguer, ha esaurito la sua spinta propulsiva. Infatti, non è che in periferia le cose vadano molto meglio, con la luminosa eccezione del Veneto. Da queste parti invece, qui nella bergamasca, le cose sono precipitate, ormai da un po’. Si fa politica con i gadget, i proclami, le trovate mediatiche. Si fa politica con le rodomontate e a furia di mostrare i muscoli e somministrare purghe, le sezioni si sono ridotte a un minimo comune maiuscolettatore (così si chiama il factotum di un politico territoriale che per mostrare che anche lui sarebbe importante, almeno un po’, usa sempre le lettere maiuscole). Dunque critichiamo pure il cerchio magico che racchiude Bossi, come se via Bellerio fosse ad Avetrana, e Bossi fosse lo zio Michele. Ma non dimentichiamo che a Bergamo il segretario provinciale non ha fatto niente per far luce sulle tante cose che qui non vanno, e che sono sotto gli occhi di tutti, anche del conte zio.

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  3. 3

    luigi

    Vorrei qui ricordare, anche con riferimento a quanto successo a Pontida (questo ne è uno strascico, o forse una prima conseguenza), così come risulta dai vostri appassionati e attenti commenti, la lezione di Romano Guardini: «Il potere esiste solo come responsabilità». Esiste, cioè, in una coscienza capace di decidere e determinare mete. Ciò presuppone lo spirito dell'uomo, che può sottrarsi alla natura, disponendo liberamente di essa. Il potere, a priori, non ha alcun senso; quest'ultimo gli viene dato dall'uomo che stabilisce e decide uno scopo da raggiungere. Esso dunque può essere positivo o distruttore: tutto dipende dalla libertà che lo determina e dall'orientamento morale della volontà. Guardini afferma che di fronte all'albero della conoscenza del bene e del male, l'uomo infrange l'ordine in cui il potere accordato era unito alla responsabilità verso il Signore. Invece di attuare il dominio come servizio, restando fedele all'immagine di Dio che è in lui, l'uomo pretende di esserne l'archetipo, l'assoluto e incontrastato protagonista. Così, invece di conformarsi alla verità delle cose, riconoscendo ciò che l'essere è in se stesso, egli ha costruito un proprio mondo autonomo, rinnegando il compito che Dio gli aveva affidato: custodirlo. La facoltà di dominare è un dono concesso da Dio all'uomo, non una progressiva conquista dell'umanità che, per essere veramente matura, deve conoscere il mondo solo per plasmarlo in nuove forme, a suo piacimento. L'ultimo pericolo, afferma Guardini, dopo la progressiva "conquista" della natura, è dato dal ratto che lo stesso uomo viene dominato da altri uomini, che gli impongono un ordinamento, i quali sono a loro volta soggetti ad una costante influenza. È questa la fisionomia dello Stato attuale. Mentre l'apparato, il sistema, avanza, la persona viene scavalcata dalla struttura burocratica, che la rende uno strumento da economizzare. Il livellamento diffuso ferisce la particolarità e la creatività del singolo individuo, visto come elemento perturbatore, da superare attraverso una sempre più esatta classificazione. Non solo, ma secondo Guardini il livellamento riguarda anche gli stessi popoli: i modi di vita e i consumi diventano uniformi, e le interdipendenze fra gli stati aumentano, cosicché ogni popolazione perde quel carattere di individualità collettiva inconfondibile, che aveva nel passato.

    La guerra, la violenza, i soprusi, la mancanza di serietà, sono i sintomi di una perversione sempre più minacciosa che comporta, di conseguenza, la perversione della natura umana.

    Troppo spesso vengono confuse forza e violenza, comando e asservimento, giustizia e interesse; le azioni umane non possono esaurirsi nell'oggetto, perché ognuna di esse implica la responsabilità di colui che la compie. È dunque questo un problema essenzialmente morale: i pericoli e la paura, oggi sempre più diffusi, crescono nel momento in cui vengono a mancare i legami con le norme morali e l'elevatezza religiosa. Al posto dei valori e delle norme etiche subentra la ricerca del risultato ad ogni costo, in ordinamenti meccanici in cui la persona viene completamente annullata insieme alla sua particolare responsabilità. A prima vista sembra che la nuova visione del mondo che si sta delineando tenda verso la catastrofe, ma Guardini è certo che il costante senso di pericolo sia sintomo di una nuova serietà dell'esistenza. L'uomo di oggi, liberato dai pregiudizi di un tempo, si è reso conto dell'inesistenza di una necessità scientifica, fonte di ogni sicurezza ed ha preso coscienza che tutto ciò che avviene, nel bene e nel male, è frutto della libertà umana. Egli è abituato a maneggiare le cose con troppa superficialità, considerandole sotto il profilo del vantaggio e della comodità, dimenticando che esse hanno una propria natura e, quando questa subisce violenza, si sottrae dalle mani dell'uomo in modo irreparabile. Bisogna quindi che la responsabilità personale ritorni come valore nell'esercizio del potere, affinché lo si attui non soltanto sulla natura, come è avvenuto finora, ma soprattutto sul proprio potere, per creare un ordine in cui la persona possa esistere e ristabilire un'autorità che rispetti la dignità umana.

    Luigi

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  4. 4

    Giuli

    Molto appassionante l'evolversi della lotta al vertice che si svolge all'interno della Lega nord, ciò è ormai sotto gli occhi di tutti. Maroni, Calderoli vs cerchio magico.

    Ma l'analisi più interessante dovrebbe essere quella che individua le azioni dei rappresentanti del Carroccio all'interno della provincia di Bergamo.

    A me pare evidente che la lotta si ripercuote anche su coloro che sono chiamati alla gestione del partito, in particolare l'ansia di controllo porta a consentire azioni senza criterio che alcuni compiono, l'esempio più calzante, la cartina di tornasole, è il Comune di Curno, non mi dilungo su ciò che è avvenuto e che è noto, mi limito ad osservare che l'operato della Lega e del suo attuale leader a Curno è priva di logica nonchè di costrutto politico. Ma se nessuno a livello superiore interviene se nessuno dà una sterzata, probabilmente è il segno che il costo di perdere un uomo operativo anche se probabilmente ipercinetico e poco accorto, è più elevato dei danni che sta producendo, ma il costo non può che essere nel rischio di perdere il controllo del territorio ed allora ecco che le contrapposizioni apicali si riverberano a Bergamo. Ma, se ciò avviene e sempre che sia corretta la mia analisi, si dimostra forse in modo inequivoco che la Lega ha perso di vista la sua natura popolare e il mito della territorialità del partito e della vicinanza ai cittadini è divenuto uno slogan su cui si è campato per almeno gli ultimi cinque anni.

    Ora gli slogan non fanno più presa e la Lega si dilania ma sino a quando non sarà risolto il problema della leadership e conseguentemente dell'indirizzo della Lega anche la politica bergamasca vivrà momenti di passione.

    Occorre uno scatto, una presa di coscienza anche da parte dello stesso Bossi che lo porti a pensare che nessuno può considerarsi eterno ma soprattutto che la mancanza di democrazia e di libertà di parola è ormai propria di tutto il suo partito e fanno carriera solo quelli che pur privi di idee sono soliti dire di sì.

    Ritornando alla differenza tra tattica e strategia, tatticamente questa scelta può essere funzionale al mantenimento del potere ma strategicamente è stata ed è funzionale all'annientamento della Lega e della sua funzione propulsiva all'interno della storia italiana.

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  5. 5

    antonio

    Voi della lega,se continuate a tenervi Bossi come leader perderete ancora voti,lui è manica e camicia con Silvio,avrà la sua convenienza,secondo me la Lega non è più credibile,quando la vostra base se ne accorgerà vi manderà a tutti a quel paese,altro che ROMA LADRONA,tutte palle per fare abboccare quelli della Pontida,sveglia ragazzi non è che siete come gli altri o ancora peggio,chi mi vuole ascoltare può mandarmi una e-mail : antonio.cosco@fastwebnet.it

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  6. 6

    aurelio

    La settimana parlamentare è già finita (al giovedì), secondo costume. Lavorano molto e rendono moltissimo i parlamentari, perchè sanno concentrare in un tempo brevissimo impegni gravosissimi. Sono super-uomini e super-donne. Di più: già che ci sono, sono bravissimi e impegnatissimi anche in qualcosa d'altro, par di aver capito. Qualcuno, però, potrebbe anche pensarla diversamente… Dopo la "sparizione" di mercoledì sera e di ieri, i deputati leghisti tornano a dire qualche parola:

    Giacomo Stucchi: «L'assemblea di mercoledì sera è stata vivace. Ci si confronta».

    Ettore Pirovano: «Si è parlato di rissa, sui giornali, ma è stato soltanto un confronto animato».

    Carolina Lussana: «Abbiamo scelto un capogruppo. Con l'indicazione di Umberto Bossi, come sempre». Ma fateci il piacere!

    Nunziante Consiglio: «Non ho nulla da dire». Proprio lui!

    Si parla apertamente di pace armata all'interno del Carroccio. Quanto successo in questi cinque giorni, dal raduno di Pontida al tentato golpe del cerchio magico sulla segreteria della Lega Lombarda, tirando un calcio negli stinchi a Giorgetti, fino alla riunione di mercoledì sera, in cui la richiesta della stragrande maggioranza dei deputati di votare come capogruppo il bergamasco Stucchi è stata vanificata dall'intervento di Bossi, che ha nuovamente voluto Marco Reguzzoni, appartenente al cerchio magico, costituisce una svolta nella vita del Movimento della Lega e, conseguentemente, di quella delle sue strutture partitiche, che appaiono quanto mai scricchiolanti.

    Una pagina nera. Uno tsunami. Reso ancor più pericoloso dalle dichiarazioni di Bossi: «Maroni è scontento per la nomina di Reguzzoni? Peggio per lui».

    Maroni ha cercato di buttare acqua sul fuoco: «Non è in discussione la leadership di Bossi. Bossi è il capo, è intoccabile. Il problema è il «cerchio magico». Parlarne è stato a lungo un tabù» fra i leghisti. Ma ora la bomba è esplosa. Grazie anche a Cristiano Forte, ex segretario provinciale di Bergamo, che per onestà ha rinunciato al cadreghino, andandosene. Le stesse cose di Cristiano le hanno ripetute allo sfinimento i deputati «maroniani» (47 su 59 in tutto): il problema è il gruppo di persone, fra cui Reguzzoni e Rosi Mauro, molto vicino alla famiglia (familismo meridionale?) di Bossi, e che influenzano pesantemente le sue decisioni, quando non le determinerebbero.

    Costringendo il partito, e di conseguenza il Movimento, a percorrere strade spesso lontane dal sentire della base e dell'elettorato, fra le quali quella dell'unica successione possibile nel partito, cioè da Umberto Bossi al Trota, in stile monarchico.

    «Ma queste – hanno fatto sapere anche le segreterie provinciali e nazionali schierate in difesa di Giorgetti, pilastro lombardo, cui la pugliese Rosi Mauro, detta "la badante", voleva sottrarre la scagna per metterci il suo culone – sono cose che ci affosseranno». Perchè tutto questo non lo si è detto per tempo al popolo leghista, al Movimento, trattati come creduloni imbecilli? Quanti altri gruppi di stile familistico, per dirla con parole forbite, ci sono nel partito-Lega?.

    Adesso, ma è un po' tardi, la linea è quella della chiarezza, cioè quella di raccontare meno bugie (anche per omissione si mente) di prima: ai militanti, ma non solo a loro, alla gente comune, quella che ha guardato alla Lega con speranza, a tutti quelli che chiederanno come effettivamente stiano le cose, «diremo esattamente questo, che è la verità. Cioè – dicono i "maroniani" bergamaschi – che non siamo contro Bossi ma contro chi lo influenza». Il che significa, poco o tanto, essere anche contro il capo.

    Dopo tale confessione, se fossero uomini, tutti quanti, nessuno escluso, dovrebbero fare un passo indietro, mettersi in riga, soprattutto sotto l'aspetto morale ed etico, in modo rigido: figuriamoci!

    In questo clima di veleni e bugie è stato scelto quale capogruppo alla Camera il Reguzzoni, lealista con Berlusconi, mentre i maroniani sono molto più critici. Scelto soltanto fino a dicembre, però (perché dicembre?): poi l'incarico dovrebbe passare a Stucchi, mentre il cerchiomagicista potrebbe essere consolato con un ministero.

    Che schifo!

    «La soluzione di transizione sicuramente non è negativa, anzi» dice Stucchi. Se lo dice lui… Più negativa di così, come poteva essere? Acqua fresca, del tutto inconsistente, quella di Pirovano: «Il commissariamento di Giorgetti non è neppure ipotizzabile. Il commissariamento, infatti, è una scelta eccezionale che si attua in piccole realtà di provincia. La segreteria nazionale sarà rispettata, come del resto prevede lo statuto. Il partito va dove ci sono i voti e i consensi, non il contrario». A mente dello statuto e del regolamento, e delle prassi instaurate dalle varie cricche, si direbbe il contrario…

    Del resto, contro il blitz si sono mobilitate tutte le segreterie. E giovedì lo stesso Bossi avrebbe confermato che non intende mettere la firma sul modulo che destituirebbe il vertice lumbard.

    Carolina Lussana, vice di Reguzzoni alla Camera, ribadisce e precisa: «Correnti, di cui si è scritto e delle quali io farei parte, non ce ne sono. Io dico che nella Lega esiste un unico leader, che è Umberto Bossi. Chi parla di divisioni nella Lega è in malafede: Reguzzoni è il capogruppo e io stimo lui così, e lo sottolineo, come stimo altri deputati (non tutti?). La sua scelta è avvenuta come è sempre avvenuta: seguendo l'indicazione di Umberto Bossi». Ipsa dixit. Pensa tu, che roba!

    E aggiunge: «Pontida è stata una festa, ci ha visto uniti attorno a Bossi. Sono state dettate linee chiare per proseguire il lavoro. Ecco, tutti dovrebbero pensare agli obiettivi da raggiungere per il bene della nostra gente, e non perdersi in altro. Come fare dichiarazioni sui giornali che poi alimentano le polemiche». Colpa dei giornalisti, dunque! Come presa per il c… non c'è male. E il disagio del popolo di Pontida? Quello l'abbiamo visto solo noi: cara Carolina, Lei sembra aver perso il contatto con la realtà, mi creda, come altri dei suoi colleghi, di maggiore e minor rango. La saluto.

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  7. 7

    curiosone

    Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, giornalista di Radio Padania Libera (mai piaciuta, né come persona né come giornalista) e molto amica di Bossi si è confidata con Marco Sarti, de "Il Riformista" (www.ilriformista.it). Ecco il suo racconto:

    «Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione – spiega la diretta interessata – l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi». E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui – continua la giornalista – ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale». Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania. Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia». Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega: «Nella vita di tutti i giorni non era mica quello di Pontida. Lì recitava un ruolo: urlava e le sparava grosse perché la gente lo voleva così. Ma lui era tutt’altro. Una persona furba e capace. Con una enorme lungimiranza. Figurarsi che già sei anni fa odiava Gianfranco Fini. A Berlusconi lo diceva sempre: “Vedrai che questo qui prima o poi ti tradirà”». Un politico di razza, insomma. Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui». La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità – rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti – probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto». In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca. «Sarà – continua la Sapori – ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi». Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell'istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite. Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. «A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca – continua la Sapori – chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo. Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”. Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana. Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera». Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita. Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani – spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio». Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito. «Glielo suggerì Aldo Brancher – ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio». E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo – taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”». Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire. Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone. «So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate».

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  8. 8

    Karl Heinz Treetball

    Lettera di minacce con bossoli a Umberto Bossi e suo figlio

    Una lettera di minacce a Umberto Bossi e al figlio Renzo con due bossoli è arrivata ieri al Corriere della Sera, che l'ha consegnata alle forze dell'ordine. Più precisamente, si è trattato di due missive, in una busta indirizzata genericamente al giornale, una lettera dattiloscritta con le minacce ai due esponenti della Lega e nell'altra scritta a mano e fotocopiata la minaccia di morte a qualcuno del giornale nel caso non fosse stata divulgata la notizia.

    L'episodio, secondo il presidente del consiglio regionale Davide Boni, "s'inquadra certamente nel clima politico e nella tensione che ancora non si sono spenti dopo le elezioni. E' ancora in atto una vera e propria caccia al nemico da abbattere piuttosto che una sana competizione politica".

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  9. 9

    mario

    Ma cosa sta succedendo? E non soltanto nella Lega. La cosiddetta classe politica sta per essere azzerata, anzi, si è azzerata da sola per la sua incapacità accompagnata da bulimia di potere e di denaro: destra, sinistra, centro, centrodestra, centrosinistra, centroavanti, centromediano, terzino… nesuno escluso. I politicanti ormai fanno schifo alla gente. E i partiti politici in pista a mangiare sono considerati il veicolo mediante il quale le mafie si sono così espanse da noi. Resta in piedi un uomo solo, che adesso fa addirittura il leghista e che in precedenza era uomo dei servizi segreti. Non deve essere una scusa per le merde galleggianti, come definiva i politicanti un commentatore di Pontida, provenienti da cessi mafiosi, ma sotto questo ultimo aspetto occorre alzare le orecchie. O no?

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  10. 10

    norberto

    Alla fine è sempre la saggezza popolare ad avere ragione: ogni botte dà il vino che ha. E se il vino è, in realtà, ormai solo un pessimo aceto non basta di certo l’elegante bicchiere di un abile venditore per renderlo di nuovo buono, cioè – come si usa dire – «sincero». Ecco, nemmeno i modi forbiti o pacati di alcuni (pochi) politicanti sono il piccolo bicchiere elegante, ma il vino anche da essi offerto è, purtroppo, aspro aceto polemico, per di più neanche diluito con l’acqua limpida di un decoroso contraddittorio, che di loro nessuno sa cosa sia. Tralasciamo, dunque, i figuranti, gli urlatori da strapazzo, i delinquenti travestiti da difensori del popolo. C’è una sola ostinata ritardataria della libertà, la cosiddetta classe politica, il mondo para-mafioso dei partiti: liberiamocene al più presto.

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  11. 11

    lucrezia

    Durante la trasmissione di ieri alle 12.30, su Radio Padania Libera il senatore della Lega Giuseppe Leoni, alla signora che lo salutava col consueto "Padania libera!", rispondeva con tono fra l'ironico e lo sfiduciato: sì, libera, Padania libera, sì… eh! Cos'avrà voluto dire o trasmettere lo stagionato senatore, che sembra isolato, e che è stato per di più pesantemente apostrofato in quel di Pontida mentre se ne stava seduto nel gazebo riservato ai Cattolici Padani, l'associazione che a lui fa riferimento?

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  12. 12

    psyco

    L’ultima sparata (cazzata?) di Borghezio. “I romani che non vogliono pagare il Gra? Bisognerebbe fargli il trapianto del cervello. Ma mi fermo qui, è troppo facile. E’ come sparare sulla Croce Rossa”. L’europarlamentare leghista Mario Borghezio non si smentisce ancora una volta. Che sia ingiusto il rifiuto dei romani, abituati col culo nel burro, a non pagare quel che tutti gli altri in Italia pagano, è un fatto. Che si debba provvedere al loro trapianto di cervello è una fesseria, salvo che Borghezio stia pensando al proprio…

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  13. 13

    xilophon

    Cosa sta succedendo nella Lega? E' la domanda che trovo replicata spesso nei numerosissimi commenti pervenuti ai vari articoli, che in parte potrebbero essere unificati. Sta succedendo che nel "nostro" movimento non è più "nostro" il partito. Molto semplice.

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  14. 14

    Aristide

    LA SPINTA PROPULSIVA DELLA LEGA NORD È ESAURITA. BERLUSCONI È COTTO. E I POTERI FORTI?

    Contrariamente a quel che ad alcuni fa comodo pensare, hanno votato per la Lega nord, per lungo tratto di tempo, cittadini d’intelletto tutt’altro che crasso, amici sinceri del popolo. Solitamente costoro votavano per la sinistra, prima. Quando però Occhetto, dopo i baci di Capalbio esibiti sull’Espresso, impresse al vascello del quale si era impadronito (profittando della degenza ospedaliera di Alessandro Natta, allora segretario del PCI) la svolta verso la ricerca forsennata di consenso nel ceto medio, quando – quel che è peggio – fece approdare il vascello del partito sulla livida spiaggia del comune sentire piccolo borghese, quando fu stretto un patto di non belligeranza, spesso di alleanza, con i poteri forti e la burocrazia di Stato di fascia alta, quando queste e simili nefandezze furono consumate, la sinistra non fu più sinistra, divenne la “cosiddetta sinistra”. A questo punto chi era veramente di sinistra, e aveva principiato a votare scheda bianca o nulla, dopo aver esitato qualche tempo, trovò un partito per il quale votare. Soprattutto al tempo in cui Miglio ci faceva sognare, prima che da Bossi fosse liquidato come una “scorreggia nello spazio”, gli uomini di sinistra diedero di buon grado il voto alla Lega: non era il loro partito, ma era quello il partito per cui votare. Carlo Marx avrebbe approvato, in conformità alla sua esortazione, nel 1848, in occasione delle elezioni indette dalla Dieta di Francoforte, perché il voto non andasse disperso, ma andasse piuttosto alla borghesia, contro l’aristocrazia feudale. Bene, al giorno d’oggi il blocco sociale conservatore, difeso con le unghie e con i denti dalla cosiddetta sinistra (si veda in proposito http://www.testitrahus.it/Eredita%20della%20sinis… è una struttura arcaica che per antonomasia possiamo chiamare medievale, appunto.

    Ma adesso la Lega nord non fa più paura ai poteri forti. Al massimo fa paura a noi o – allegoricamente – al nostro portafoglio, visto che vuol trasferire al nord uffici ministeriali romani e non vuole abolire le amministrazioni provinciali in tutta Italia. Inoltre la Lega nord ha deliberatamente e colpevolmente (sotto il profilo politico) dato incarichi e offerto candidature sicure, in aree da sempre caratterizzate da notevole densità di voto leghista, a personaggi dei quali si sapeva tutto, dei quali i vertici della Lega non potevano non sapere. Il curriculum scolastico del Trota, per esempio, era ben noto: l’hanno candidato a Brescia, i bresciani di montagna l’hanno votato, adesso è responsabile dei media padani (per il momento: nelle intenzioni dovrebbe diventare Ministro della cultura, immagino).

    Ma inutile girare il coltello nella piaga, adesso. Semmai, bisognava pensarci prima. Si veda quanto ho scritto, nel marzo 2010, in un articolo intitolato “Lettera aperta agli amici della sinistra che votano Lega”, in http://www.testitrahus.it/Lettera%20aperta%20alla… Qui si argomenta come la Lega abbia esaurito la propria spinta propulsiva: la candidatura del Trota è stata una cartina al tornasole di questa realtà o, meglio, una sua proiezione simbolica. Così come furono una proiezione simbolica della degenerazione della sinistra, a suo tempo, l’intervista di Occhetto che ci spiegava quali scarpette e quali cerate fossero le più idonee per un bravo marinaretto proprietario di yacht, o i baci di Capalbio, o quella baggianata della sinistra dei club che estrasse un giorno dal cappello (poi però non ne fece niente, come quella storia del governo ombra, del quale nominò Ministro umbratile della cultura la moglie Aureliana Alberici, quella dei baci a Capalbio: tutto in famiglia, Bossi non si è inventato niente). A conclusione di quell’articolo scrivevo: va bene, se così stanno le cose, torniamo a votare scheda bianca, o nulla. Seguono, nell’articolo, alcune proposte di modalità di scheda nulla.

    Adesso i poteri forti tornano a sussurrare il nome di Montezemolo. State attenti, signori dei poteri forti, guardate quel che fa Di Pietro, che è il più furbo di tutti. Lui non è mai stato di sinistra, quand’era a Bergamo era amico di Mirko Tremaglia, ex ragazzo di Salò, con il quale andava a far “pum pum!” nelle valli. La Lega ha esaurito la sua spinta propulsiva, Berlusconi è cotto, è stato cucinato non dalla sinistra, ma dal partito di Repubblica (inteso come il quotidiano di Largo Focchetti, Roma). Non vedete come Di Pietro se ne sta defilato? Si prepara a raccogliere l’eredità della cosiddetta destra. Bisogna vedere, però, se il partito di Repubblica, notoriamente molto vicino ai poteri forti, oltre che alla burocrazia di Stato di fascia alta, darà il suo assenso. E gl’italiani? Come risponderanno gl’italiani? Subiranno il trionfo – anche politico, perché in termini di potere reale hanno sempre comandato loro – dei poteri forti che Berlusconi aveva promesso di ridimensionare, ma che ben si è guardato dal toccare, seriamente? Si veda in proposito “Berlusconeide. Cinque scenari per il dopo bunga bunga” (http://www.testitrahus.it/Berlusconeide.htm), scritto nel gennaio di quest’anno, quando non era difficile indovinare la piega che gli avvenimenti avrebbero preso.

    Mi piacerebbe leggere, proprio qui, su Bergamo Info, qualche contributo sulle responsabilità della stampa, nazionale e locale, senza esclusioni. Perché è facile, adesso, sparare bordate contro Berlusconi che arranca, o irridere al cerchio magico tracciato intorno a Bossi dalle due donne fatali. Ma non si poteva, sui giornali, fare uno straccio di analisi, prima? E anche adesso, riguardo alla situazione di Bergamo e della Lega nord, come mai nessuno s’interessa di "strane" situazioni locali che non sono neanche bruscolini. Il segretario provinciale si guarda bene dal dissipare o anche solo ridimensionare, per esempio, lo scandalo dell’incongruità di due firme a lui attribuite: come mai? Tutto ciò è paradigmatico di un certo modo di far politica nella Lega nord, da queste parti. Si potrebbero fare articoli di approfondimento meravigliosi (si veda in proposito “Perizia grafica fai-da-te?” in http://www.testitrahus.it/Perizia%20grafica%20fai…. Ah già, se lo scandalo esploderà, se proprio dovrà esplodere, allora ce lo spiegheranno per filo e per segno, professionalmente e nel rispetto – ovviamente – della regola delle cinque W del giornalismo. Saranno articoli degni del premio Pulitzer.

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  15. 15

    Daria

    Braccio di ferro fra la Lega Nord, il presidente del Consiglio e il Pdl sul provvedimento per portare in altre Regioni la spazzatura. Calderoli: "Niente truffe o volano le sedie". Boni: "Neppure un sacco dei rifiuti di Napoli deve arrivare in Lombardia". Zaia: "I rifiuti di Napoli non li vogliamo, ma siamo disposti ad offrire tecnici disposti a dare una mano per impostare una raccolta differenziata: ribadisco quanto detto a suo tempo. Abbiamo al riguardo 10-11 anni di storia alle spalle e per questo siamo infatti riusciti a eliminare le discariche".

    La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo per «epidemia colposa» riguardo ai pericoli sanitari legati alla mancata raccolta dei rifuti.

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  16. 16

    Giuli

    Se fossi di stretta osservanza lombrosiana sarebbe facile capire la storia delle persone: basterebbe misurargli il cranio, osservare la spaziatura della fronte, osservarne le movenze del viso, l'assenza di sorriso.

    Facciamo questo gioco osservando la mimica facciale di alcuni dei maggiorenti della Lega nord nella nostra provincia. On.le Pirovano, per esempio: chi dovesse averlo visto sorridere è pregato di chiamare "Chi l'ha visto"; lo sguardo è assolutamente sprezzante ed altero, parrebbe quasi che chi lo circonda non sia alla sua … altezza. On.le Stucchi: ghigno sardonico perennemente scolpito sul viso, aria compresa di chi tutto sa. Assessore Invernizzi: viso con pizzetto, aria truce di chi si occupa di sicurezza. Però, ad esempio, il generale Custer talvolta abbozzava un sorriso, lui no. Consigliere Pedretti: uomo che ha preso sul serio il suo compito, lo si osserva dalla costante aria di sprezzo che il suo viso trasmette; è costantemente impegnato a organizzare qualche cosa, e ciò lo si comprende dal suo essere quasi assente, tanto che il discorso assai raramente è fluido (diamogli una possibilità…). E come potrebbe esserlo, se un uomo è costantemente indaffarato in almeno 10 cose per volta!. Anche il suo sorriso è stato dato per disperso dall'infanzia.

    E' sabato e ci si lascia andare a inutili divertissements, però, giocando, mi sono accorta di una cosa: non ho mai visto un uomo della Lega sorridere: Che sia la manifestazione esteriore del compito gravosissimo che è stato loro assegnato, cioè dire sì e controllare l'avvenuto accredito a fine mese?.

    Oh!, ragazzi, non siamo mica qui a smacchiare i giaguari. Si scherza. Non prendetevela! Intanto, magari, un sorrisino ogni tanto fatelo: facilita il contatto con le persone.

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  17. 17

    Platone, il suo cane

    Il pensiero e la filosofia politica del sacerdote roveretano, ma con larghe aderenze anche a Bergamo e nella Bergamasca (specialmente e soprattutto con la famiglia dei conti Tadini, ramo loverese), vissuto tra il 1797 e il 1855, sono interessanti per la modernità, direi attualità, della visione politica sull'idea di Stato, nazione, Chiesa, autonomie, proprietà privata e non ultimo circa la distinzione tra potere spirituale e temporale. Egli era amico di Manzoni e contemporaneo di due grandi sacerdoti e pensatori politici come Vincenzo Gioberti e il teatino Gioacchino Ventura. Contemporaneo anche di Carlo Cattaneo, pure lui bergamasco prestato a Milano, legato a famiglie bergamasche anche in via parentale. Intellettuale con notevoli assonanze con grandi pensatori come Montesquieu, Hobbes, Saint-Simon e De Maistre, Rosmini prende decisamente le distanze dalla Rivoluzione francese. Per comprendere alla radice e in profondità la sua posizione, infatti, è necessario riscoprirne non solo il retroterra religioso (l'immanentismo e trascendenza, la sua idea di Dio o il ruolo della Grazia) ma anche il suo "universalismo cattolico". E' in conseguenza di tale posizione che Rosmini trovò molta più consonanza nella Rivoluzione americana che in quella francese del 1789, soprattutto nel campo della Dichiarazione dei diritti dell'uomo; o si evince la sua critica verso una certa idea di sovranità popolare, la sua preferenza a regimi monarchico-costituzionali rispetto a quelli repubblicani. Sorprendente? E' un pensatore un po' diverso da quelli che oggi si fregiano di tale titolo (quindi, si può comprendere la sorpresa), perchè al contrario di questi egli manifesta un grande e persin profetico respiro intellettuale e umano, al centro del quale stava un'idea sempre vagheggiata: la Res publica Christiana (costanti non a caso sono i suoi richiami al "Medioevo cattolico"). Cui era correlata la sua idea per l'Europa, la difesa del primato petrino, il suo principio di tutela della proprietà privata, ma anche i suoi dubbi su una Chiesa che fosse religione di Stato, come prevedeva lo Statuto albertino del 1848, o la sua idea di difesa della libertà di coscienza o la sua proposta di una federazione di Stati italiani (eliminando i più piccoli, come i ducati di Modena e Parma), senza l'Austria (lo straniero. Qui, anche solo sentimentalmente. sono in disaccordo col grande roveretano).

    «Ancora, gli pare che il federalismo sia un antidoto realistico – scrive il prof. Domenico Fisichella nel suo recente "Il caso Rosmini", ed. Carrocci – al perfettismo. Infine, intende salvaguardare in qualche modo il potere temporale della Chiesa». Ma la lungimiranza politologica di Rosmini – è la tesi dell'autore – è da intravedere sulla sua capacità di scoprire «i rischi di corruzione» di qualsiasi sistema politico (in particolare quello repubblicano) o quella di combattere l'idea di uno Stato accentratore. Secondo il prof. Domenico Fisichella, sulla scia della lezione lasciata da De Maistre, Rosmini è stato soprattutto uno strenuo difensore del matrimonio, dei diritti della Chiesa e dei costumi sacerdotali.

    Senza tema di smentita, credo che molti dei canoni fissati da Rosmini trovino riscontro nella Costituzione italiana del 1948, e che molti altri attendano di essere riesaminati e rivalutati, per il bene dei nostri popoli, essi sì a rischio di oblìo di se stessi e decadenza.

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  18. 18

    Aristide

    Nel mio commento del 25 giugno, h. 15 : 49, i collegamenti ipertestuali non richiamano la pagina desiderata. Ciò è dovuto al fatto che il carattere successivo al suffisso “htm” viene inglobato nel suffisso medesimo, pertanto l’indirizzo della pagina non viene correttamente interpretato.

    I meno di venticinque lettori, divisi per cinque, col resto di zero (parlo per me, ovviamente) troveranno qui sotto i collegamenti correttamente funzionanti:

    • Articolo sull’eredità della sinistra a suo tempo raccolta dalla Lega nord: http://www.testitrahus.it/Eredita%20della%20sinis
    • Lettera aperta agli amici della sinistra che votano (votavano?) Lega nord: http://www.testitrahus.it/Lettera%20aperta%20alla
    • Articolo dal titolo “Berlusconeide. Cinque scenari per il dopo bunga bunga”: http://www.testitrahus.it/Berlusconeide.htm
    • Articolo sulla singolare difformità di due firme che uno si aspetterebbe fosser uguali: http://www.testitrahus.it/Perizia%20grafica%20fai

    Osservo infine che, verso la fine del mio contributo, alcune righe sono state emendate, in usum diurnariorum et virorum publicorum. Non ho di che lamentarmi, anzi ringrazio e mi scuso per il disturbo recato all’Amministratore di sistema: devo aver aver abbondato nell’aspersione d’italo aceto. Siamo uomini di mondo, sappiamo dell’esistenza e della cogenza degl’impedimenti dirimenti, per averne letto nei Promessi sposi:

    Error, conditio, votum, cognatio, crimen,

    Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,

    Si sis affinis…

    Senza contare che molti, per quanto appassionati di sostanze politicamente e giuridicamente depurative, detestano tuttavia l’aceto. Berlusconi, per parte sua, detesta l’aglio e ingurgita mentine. Se gli fai vedere un piatto di trofie col pesto fatto come si deve, cioè con l’aglio, per quanto “avvantaggiato” (con le patate e i fagiolini), lui dà in escandescenze. Che gusti. Però è anche vero: de gustibus non disputandum est (lo diceva sempre Franca Valeri).

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  19. 19

    Platone, il suo cane

    l Faraoni inventarono lo Stato federale.

    Il federalismo ha avuto la prima manifestazione storica nell’Antico Egitto. Questa affermazione sorprende, riferita com’è a una società da sempre ritenuta di impostazione centralista con al vertice il Faraone, quale monarca assoluto e determinante in ogni decisione nel Paese da lui governato; ma è la conclusione dell’analisi degli elementi archeologici e storici, emersi in 30 anni di scavo sistematico sul sito di Balat, capoluogo dell’Oasi di Dakhla (200 Km a Ovest dell’odierna Luxor) durante il regno dei sovrani della VI Dinastia (2300-2200 a. C.); scavo condotto dall’archeologo francese Georges Soukiassian alla testa di un’équipe internazionale.

    Non ci sono dubbi sul fatto che il Faraone fosse certamente sovrano assoluto, in quanto diretta reincarnazione di Horus, una delle principali divinità del vasto pantheon egizio, tuttavia, nella prassi quotidiana della gestione del proprio imperium nei fatti demandava una buona parte delle proprie funzioni a potenti Governatori locali. Tutto questo si palesa da un’indagine di un agglomerato urbano (Balat, tra l’altro, è il più antico abitato egizio giunto fino a noi), e ci suggerisce l’idea di come sia parziale il quadro delle nostre conoscenze egittologiche, fondato nella quasi totalità su necropoli o templi funerari, quindi troppo sbilanciato su aspetti attinenti alla realtà di corte e alle attività religiose, ma avaro di indicazioni sulla quotidianità dei sudditi e sull’alacre realtà delle "provincie".

    A Balat sono state rinvenute imponenti vestigia di quello che fu il fulcro del potere della regione più ricca d’Egitto, in particolare (ma non solo) durante la VI Dinastia. Qui risiedevano e facevano il bello e cattivo tempo i Governatori di tutta l’Oasi, dignitari molto più spavaldi verso il Governo centrale di quanto lo siano oggi da noi i vari Formigoni o Vendola. Godevano di forte autonomia e di reale possibilità di incidere anche in decisioni di politica nazionale. Lo si capisce ad esempio dalla titolatura incisa su un montante di una porta, appartenuta a un santuario dedicato a Medu Nefer, uno di questi Governatori: egli viene esaltato con aggettivi enfatici e dichiarato protetto da importanti divinità nazionali oltre che locali, proprio come un piccolo Faraone. Senza parlare del palazzo, dove Medu Nefer risiedeva con la propria corte: un sontuoso edificio di almeno 25 locali, dove vivevano artisti e concubine per il diletto del suo spirito e del suo corpo, con colonne in granito e soffitti affrescati: un simile gioiello architettonico nulla aveva da invidiare alla reggia del faraone.

    Se passiamo poi alla necropoli per l’eterno riposo dei, diremmo oggi, Presidenti della regione, il quadro della venerazione, in cui erano tenuti, si completa: ognuno fu sepolto in una mastaba, un’imponente sepoltura a sviluppo sotterraneo (quasi una piramide rovesciata), che sfociava nella camera funeraria superbamente affrescata con scene, in chiave propagandistica, della vita quotidiana del defunto e con episodi tratti dal Libro dei Morti (la Bibbia degli egizi), quasi a sottolinearne l’indiscutibile pietas e dunque la legittima aspirazione a un’eterna felicità. Simili evidenze archeologiche sono solo l’inizio: gli studiosi si dicono convinti che altri siti, capitali di distretti inopportunamente ritenuti periferici, daranno dimostrazione definitiva di come l’antico Egitto sia stato tutt’altro che centralista; di come al contrario fosse formato da realtà autonome e con un’economia florida grazie tra l’altro a una percentuale sulle imposte (versate sotto forma di beni di consumo), trattenuta localmente.

    Aristide Malnati per http://www.avvenire.it

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  20. 20

    Platone, il suo cane

    Maroni, il bravo Ministro dell'Interno leghista, chiamato ad affrontare situazioni sempre più difficili, anche dentro al suo partito, a quel che sembra: «Mi auguro che la magistratura vada fino in fondo e colpisca duramente chi si è reso responsabile degli incidenti in Val di Susa. Sono d'accordo con chi sui giornali ipotizza il reato di tentato omicidio».

    «Non è stata solo una violenza eversiva quella messa in atto dai No Tav, ma un'azione di stampo terroristico: un gruppo di delinquenti ha cercato la vittima, ha cercato di ammazzare poliziotti e carabinieri che altro non facevano che il loro dovere, difendendo la legalità; il che significa attentare alla loro vita». Per questo Maroni ha rimarcato con forza che ieri in Val di Susa è stata scritta una «pagina molto, molto brutta». Il ministro ha rivolto il «ringraziamento più sincero» da parte del governo alle forze dell'ordine, «a chi ha gestito la situazione della sicurezza. La violenza non ha giustificazione, va condannata da tutti, e noi intendiamo contrastarla con ogni mezzo».

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