Nel 2009 sono state immatricolate 617 nuove Ferrari di cui 21 nella città orobica. Con questa quota Bergamo si colloca, pari merito a Verona e Brescia al 5° posto nazionale, dopo Roma con 70, Modena con 57, Milano con 51 e Torino con 28. (a cura di Federico Rossi)
La passione per la rossa caratterizza quindi anche i bergamaschi magari perché “stuzzicati” dalla vicinanza al cuore della F1 nostrana: Monza.
Ma come nasce il circuito brianzolo, inserito nel contesto del parco della villa reale? Quel parco ha una storia affascinante addirittura al centro della storia europea. Esso nacque tra il 1805 ed il 1810 come tenuta di caccia su ordine del vicerè napoleonico Luigi di Beauharnais e come estensione dei giardini della Villa Reale.
Quest’ultima fu costruita come tenuta di campagna per gli Asburgo, come noto una tra le più potenti dinastie del XVIII° secolo.
Dal giorno della sua costruzione, nel suo terreno sono rimaste le tracce dell’alternarsi di dominazioni, invasioni straniere e rivolte interne, sino ad oggi dove invece nel mese di settembre di ogni anno si corre la classica italiana della F1.
Durante quei giorni il rombo dei motori fa vibrare e riecheggiare anche le possenti pareti del Duomo di Monza nonostante questi invalicabili baluardi abbiano resistito e protetto per circa 800 anni la Corona Ferrea, una reliquia le cui origini sono avvolte dalla leggenda.
Oggi la Ferrari sostiene le proprie competizioni con l’ultima versione dei suoi notissimi bolidi: il modello F10, una sorta di computer mutante con le ruote dove il sistema elettronico controlla, comunica ed affina costantemente le prestazioni della monoposto. Nascosti sotto la scocca, per far “scorrere il sangue” e permettere al cervello artificiale di pensare e dare gli ordini alle varie parti dell’auto, si intrecciano circa 2,5 km di cavi mentre il volante, che un tempo serviva per la funzione meccanica di far girare le ruote, oggi permette di controllare ogni aspetto della macchina arrivando a gestire dai cambi di marcia alla borraccia per il pilota.
E questa volta possiamo veramente dire che il miracolo è tutto italiano, purtroppo troppo solitario: speriamo che la nostra generazione di giovani possa tornare a far rivivere all’Italia momenti come questo ma molto più numerosi.