TRINITA’ 2022 ANNO C
Giovanni, 16,12-15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Commento
La promessa di Gesù risorto, il dono dello Spirito Santo, costituisce un momento fondamentale dell’esperienza vissuta dagli apostoli. Essi hanno compreso finalmente chi era il loro Maestro: non solo un Profeta, per quanto grande, ma il Figlio Unigenito del Padre. Gesù aveva molto insistito su Dio Padre, di cui pretendeva di avere la conoscenza esclusiva: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale Dio lo voglia rivelare”. Egli solo ne ha mostrato il vero volto, grazie al quale ha giustificato la sua interpretazione della Legge di fronte alle critiche degli scribi e farisei. Al volto inedito del Padre si riallacciano la predicazione ed il comportamento di Gesù. La verità di questo riferimento viene definitivamente confermata dalla Pasqua, quando Gesù risorgendo dal sepolcro, sale fino alle altezze divine, alla destra del Padre. Mostra così la sua divinità, come Figlio Unigenito, che fino dall’eternità è accanto al Padre, del quale condivide tutto, divinità compresa. Il brano odierno riporta una frase tassativa di Gesù: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”. Da questo rapporto eterno tra Padre e Figlio, procede lo Spirito Santo, lo Spirito di Santità e di Amore, che viene comunicato all’umanità come il dono divino per eccellenza. Essa viene elevata ad un livello divino e resa capace di entrare in rapporto con le tre persone divine.
Nei rapporti con la Trinità l’uomo trova la vera definizione della sua identit identità. Innanzitutto, Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, è diventato nostro fratello. Gesù è disceso fino e noi per la volontà del Padre, il quale ha voluto estendere la sua paternità su di noi donandoci il suo Figlio. Decisivi sono i due passi biblici. Il primo di Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Giovanni, 3,16); il secondo di Paolo: “Quelli (uomini) che Egli (Dio Padre) ha da sempre riconosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio, perché Egli sia il primogenito tra molti fratelli (Romani, 8,29). Questo processo giunge a compimento con il dono dello Spirito Santo, il quale ci comunica lo spirito di adozione e la relativa consapevolezza: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi, ma avete ricevuto uno Spirito di figli adottivi per mezzo del quale GRIDIAMO: PADRE. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio.”. (Romani, 8,16-17). Lo Spirito Santo ci dona la carità divina, la forza di Dio per amarci come fratelli: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato” (Romani, 5,5). In queste frasi viene espressa la dignità dell’uomo, la cui identità non si esaurisce attraverso le sue normali relazioni personali, ma comprende le relazioni con le tre persone della SS. Trinità, le quali danno compimento e senso profondo a tutte quelle umane. L’esperienza di fede consiste nel credere e sentirci amati dal Padre, di avere come fratello Gesù, il Figlio unigenito di Dio, e di essere aiutati ad amare gli uomini non solo secondo l’esempio delle persone divine, perché sostenuti dalla forza divina. Il legame con le persone divine è eterno; ce ne dà garanzia la SS. Trinità che si è messa in gioco completamente con l’uomo. Questo è motivo di incrollabile speranza. Ancora Paolo scrive nella lettera ai Romani: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa con Lui?” (Romani, 8, 31-32). Queste citazioni bibliche ci rivelano la nostra identità, così grande da vincere ogni timore, compresa la morte. È la speranza che non delude alla quale ci ha richiamato papa Francesco nel Giubileo.