INTERVISTA AD ORIANA FALLACI 7/7
Oriana Fallaci: ecco qual è la mia Italia, ecco qual è la mia Europa
SEGUITO ARTICOLO “È il suicidio dell’Europa” pubblicato il 04.01.2021
Oriana, lei ha criticato a lungo l’attuale Italia e l’attuale Europa. Ma allora qual è la sua Europa? Qual è la sua Italia?
Oddio, il primo quesito è difficile. Dacché stiamo diventando una provincia dell’Islam la parola Europa mi ricorda la battuta con cui nell’Ottocento l’austriaco Metternich avviliva i nostri patrioti del Risorgimento: “L’Italia non esiste. L’Italia è una mera espressione geografica.” Bè… Nonostante l’ovvio e intrinseco interesse che aveva a dire una tale sciocchezza, mi son sempre chiesta se Metternich non fosse guidato da un maligno gusto del paradosso. L’Italia non è mai stata una mera espressione geografica. Anche quando languiva divisa in Stati e staterelli, tagliata a pezzi come un pollo arrosto, era un paese sentimentalmente e culturalmente unito. Dalle Alpi allo Ionio si parlava italiano, si scriveva in italiano, si pensava in italiano, e le nostre radici affondavano dentro un humus comune. L’Europa no.
Però lei, quando dice che l’Europa è la cultura alla quale apparteniamo, la civiltà di cui nonostante gli innumerevoli peccati ne va orgogliosa, le attribuisce una fisionomia ben precisa.
D’accordo, ma all’Europa le riconosco un’identità che va ben oltre i connotati geografici del continente posto fra l’Atlantico e il Mediterraneo, il Mar Nero e il Mar di Norvegia. Però quell’identità, quella fisionomia, le deriva dal passato di cui non mi stanco mai di parlare. Il passato che parte dall’Antica Grecia e dall’Antica Roma poi prosegue con la Rivoluzione Cristiana, il diffamato Medioevo, il Rinascimento, l’Illuminismo, le lotte per la libertà e l’uguaglianza, le conquiste della modernità. Un passato da cui non si prescinde e che tuttavia l’Europa d’oggi rinnega, cerca di spegnere, incominciando dal cristianesimo di cui siamo imbevuti.
Il cristianesimo basta ad amalgamare la babele di lingue e il mosaico di paesi che compongono l’Europa?
No, non basta. Neanche lui basta a render l’Europa un’entità compatta come l’altra fisionomia dell’Occidente ossia gli Stati Uniti d’America. Sai perché?
Mi illumini.
Perché l’humus nel quale affondiamo le nostre radici non è mai lo stesso. È formato da elementi diversi e spesso in contrasto fra loro. Ammetterai che fra un normanno e un catalano o fra un parigino e un siciliano v’è più differenza di quanta ve ne sia fra un torinese e un napoletano, o un milanese e un pugliese.
Certamente, non v’è dubbio.
E, soprattutto, non è un humus che parla la medesima lingua. E ciascuna lingua rappresenta una patria. Una natura, una storia, un retaggio di idee e di abitudini e di affetti, quindi un tesoro da salvaguardare. La Patria non è un’opinione. O una bandiera e basta. La Patria è un vincolo fatto di molti vincoli che stanno nella nostra carne e nella nostra anima, nella nostra memora genetica. È un legame che non si può estirpare come un pelo inopportuno.
Ma gli americani dicono che si può!
Certo. Loro dimenticano la patria che hanno abbandonato, diventano americani. Io-sono-americano. Ma sebbene l’America sia un fenomeno irripetibile perché sorto in un continente quasi vuoto, senza passato e senza vette di civiltà, viene sempre il momento in cui lo io-sono-americano torna ad essere io-sono-cinese o sono-italiano o sono-africano eccetera. Viene sempre il momento in cui un americano capisce che il vincolo non era rotto. Che anche parlando l’unica lingua ossia la medesima lingua pensa e sente nella lingua della patria abbandonata.
E nel caso dell’Unione Sovietica?
L’Unione Sovietica tentò di fare ciò che vuol fare l’Unione Europea. Abolì le patrie e, incollando l’uomo di Mosca con l’uomo di Odessa, la donna di Pietroburgo e la donna di Samarcanda, creò una super-patria. Un super-Stato, una super-Nazione. Ma appena l’ideologia comunista crollò, tutti si scollarono e ripresero le vecchie bandiere. Così a coloro che pretendono di ripetere in Europa l’irripetibile fenomeno americano dico: non ci riuscirete mai. La vostra super-Patria, il vostro super-Stato, la vostra super-Nazione tenuta insieme dall’ideologia del denaro e basta, si sfascerà come l’Unione Sovietica.
E che cosa dobbiamo fare allora? Rinunciare a tutto?
Noi dobbiamo fare soltanto ciò che diceva mio padre, cioè una Grande Famiglia che ci impedisca di guerreggiare fra noi, ammazzarci fra noi come ci si ammazzava tra Firenze e Siena o durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. (E non è poco). Il guaio è che nelle famiglie c’è sempre qualcuno che vuole comandare sugli altri, imporre la sua egemonia come in Europa fanno la Francia e la Germania. Nonché qualcuno che tradisce. Che porta in casa il nemico, che vende sé stesso e i propri figli e i propri fratelli al nemico. L’Europa che vorrei è tutto il contrario di ciò che è. E che continuerà ad essere finché si sfascerà come un castello di carte, di bugie e di inganni.
Bene, questa l’Europa. Ma tornando alla domanda iniziale, qual è la sua Italia?
Quanto a questa domanda, il discorso è breve. Perché è un discorso che riguarda la mamma, e la mamma resta la mamma anche se si comporta male. Anche se partecipa al tradimento. Anche se ti fa soffrire. Così, e a costo di sembrare retorica o ingenua, rispondo: semplice, caro mio, semplice. L’Italia che vorrei è un’Italia che si oppone alle Italie in cui non mi riconosco: un’Italia ideale. Un’Italia coraggiosa, dignitosa, seria, un’Italia che non si consegna al nemico. Che non si lascia intimidire da chi spalanca le porte al nemico, che non si lascia ricattare o rincretinire dalle bestialità dei Politically Correct. Che va fiera della sua identità, che saluta la bandiera bianca rossa e verde mettendo la mano sul cuore e non sul sedere. L’Italia, insomma, che sognavo quand’ero ragazzina e non avevo un paio di scarpe decenti ma credevo in un futuro migliore.
Un’Italia ideale?
Ma sai cosa ti dico? È un’Italia che nonostante tutto esiste. Zittita, ridicolizzata, sbeffeggiata, diffamata, insultata, ma esiste. Quindi guai a chi me la tocca. Guai a chi me la invade, guai a chi me la ruba. Perché (se non l’hai ancora capito te lo ripeto con maggiore chiarezza) che a invaderla siano i francesi di Napoleone o gli austriaci di Francesco Giuseppe o i tedeschi di Hitler o i compari di Maometto, per me è lo stesso. Che per invaderla usino i cannoni o i gommoni, idem.
Bene Oriana, io avrei finito le domande. Vuole aggiungere qualcosa?*
Una cosa soltanto, definitiva. Per combattere la loro passione, per difendere la nostra cultura cioè la nostra identità e la nostra civiltà, non bastano gli eserciti. Non servono i carri armati, le bombe atomiche, i bombardieri. Ci vuole la passione. La forza della passione. E se questa non la tirate fuori, non la tiriamo fuori, io vi dico che verrete sconfitti. Verremo sconfitti. Vi dico che torneremo alle tende del deserto, che finiremo come pozzi d’acqua. Wake up, then! Sveglia, wake up!
Oriana Fallaci
A cura di Alessandro Frosio
*La risposta all’ultima domanda è tratta dall’articolo Wake up, Occidente, Sveglia! di Oriana Fallaci, pubblicato sul Corriere della Sera il 26 ottobre 2002
Tratto dal libro La Rabbia e l’Orgoglio di Oriana Fallaci. BUR Rizzoli libri – settembre 2001
ORIANA FALLACI (1929 / 2006) – Fiorentina, è stata definita “uno degli autori più letti ed amati del mondo” dal redattore del Columbia College of Chicago che le ha conferito la laurea ad honorem in letteratura. Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera al tempo degli attentati dell’11 settembre 2001 e attuale redattore de L’Economia del Corriere, ha scritto: “Lei, combattente irriducibile dal suo eremo americano, amava andare controcorrente. Ma da sola”. Ha intervistato i grandi della Terra e come corrispondente di guerra ha seguito i conflitti più importanti del nostro tempo, dal Vietnam al Medio Oriente. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo, sono il risultato di una mente geniale che ha fatto la storia del giornalismo internazionale.