L’Italia e i suoi partiti Pigliatutto: quando il voto viene prima dei valori
Oggi, nell’Italia della c.d. “terza repubblica”, risulta sempre più difficile orientarsi all’interno del panorama politico dell’arco costituzionale. Oggi i partiti – che spesso rifiutano pure di farsi chiamare “partiti”, cercando di modificare l’apparenza per nascondere un contenuto magari non troppo felice – non portano più i nomi delle loro battaglie, idee e punti di vista.
Una volta, infatti, ogni formazione politica si distingueva in base alla propria ideologia ed era meno difficile decidere chi votare. C’era questi partiti: Partito Liberale Italiano, Partito Socialista, Socialdemocratico, Comunista, Radicale (dagli anni ’70), Repubblicano, Monarchico (fino agli anni ’60). Facevano eccezione il Movimento Sociale e la Democrazia Cristiana: il primo perché la sua ideologia fondante, ovvero il Nazional Socialismo, non era più vista di buon occhio dopo la fine della seconda guerra mondiale; il secondo perché, pur avendo molte convergenze sui temi centrali, aveva mille correnti e dissidi interni.
In definitiva, si può affermare che in passato era chiaro chi si votava: se l’elettore era liberale, votava il PLI, se era socialista il PSI e se era comunista il PCI. Ad ogni ideologia, quindi, il suo partito. E oggi, invece? Cosa ci offre la classe politica del 2020, reduce di due scivoloni avvenuti, rispettivamente, nel 1994 con la nascita della c.d. “Seconda Repubblica” e nel periodo 2013-2018 con l’ascesa della “Terza Repubblica”?
L’offerta, purtroppo, è assai scarna. I partiti di oggi, infatti, non portano più i nomi di idee o ideologie che l’elettore può facilmente riconoscere. Ogni formazione politica, infatti, decide di appellarsi con dei nomi altisonanti, puramente di fantasia, che somigliano molto di più a denominazioni di Società per Azioni piuttosto che di partiti con una storia, un pensiero e una cultura politica. Da destra verso sinistra, abbiamo: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Cambiamo!, Unione di Centro, Fare, Partito dei Pensionati, Azione, Italia Viva, +Europa, Partito Democratico, Sinistra Ecologia e libertà, Articolo 1, La Sinistra, Possibile, Europa Verde, Movimento 5 Stelle… e molti altri. Ce ne sono così tanti che è pressoché impossibile ricordarli tutti.
Alla fine della fiera, alcune domande legittime sorgono spontanee. Dove sono i liberali? Dove sono i conservatori? Dove sono i nazionalisti? E i progressisti? I socialisti? I radicali? I comunisti? Perché, a ben vedere, non ci sono partiti che incarnano le vere idee della politica. Ogni partito porta un nome, ma questo nome è assolutamente inutile, perché non aiuta l’elettore a ricondurre quel partito ad un determinato campo di idee o quantomeno ad uno specifico insieme di interessi particolari. L’elettore liberale, oggi, cosa deve votare? E l’italiano che ha una mentalità socialista, dove deve mettere la sua croce il giorno delle elezioni?
È inutile raccontare la solita favola della buonanotte delle ideologie che “non esistono più”, “sono retaggi del passato”, “è roba vecchia”. Non c’è niente di più falso, non c’è niente di più ridicolo. L’unica differenza rispetto al passato è che oggi i partiti (si, i partiti, non i movimenti) non hanno il coraggio di rivelare il proprio vero nome. Il motivo? Semplice: vogliono più voti possibili. Sono affamati di voti, di gloria, di successo… non gliene importa nulla di portare avanti gli interessi di determinate categorie della società, non sono più interessati a rappresentare una determinata idea, un determinato modo di vedere e concepire la realtà.
La politica di oggi basa quindi il suo essere incentrandosi sul ragionamento del profitto, del guadagno a tutti i costi. Un ragionamento che è giusto e sacrosanto nell’ambito commerciale ed imprenditoriale (guai se non vi fosse!), ma che non può essere assolutamente applicato nel mondo politico. Perché la politica non è un mercato, non c’è nessun compratore e nessun venditore, nessun debitore e nessun creditore, nessuna offerta e nessuna domanda. Esistono delle persone, che si chiamano cittadini, che hanno le loro idee e le loro storie, le loro gioie e le loro amarezze. Non possono essere paragonati a dei consumatori o a degli utenti della rete, che acquistano il prodotto dell’azienda con il marchio e il nome più bello o si fanno abbindolare dall’ipnosi dell’ultimo “social network”.
Adesso, tutti i partitucoli della prim’ora seguono la stessa ideologia: l’ideologia del “pigliatuttismo”. Vogliono solo il voto e per farlo, inevitabilmente, agiscono come delle imprese commerciali che a fini pubblicitari scelgono la denominazione sociale più accattivante e attraente. Non importa chi sarà il consumatore, l’importante è indurlo a consumare. Sei un conservatore? Vota il Partito Pigliatutto! Sei cattolico? Vota il Partito Pigliatutto! Sei Progressista? Nazionalista? Multi-culturalista? Monarchico? Vota anche tu il Partito Pigliatutto, perché è il partito che è dalla parte di tutti: imprenditori e lavoratori, cittadini e clandestini, ricchi e poveri, patriottici e cosmopoliti, giovani e vecchi, imprese pubbliche e private, cattolici e islamici, maschilisti e femministe, animali e cacciatori, ambientalisti ed estrattori di petrolio… finendo ad essere, alla fine, dalla parte di nessuno. Poi ci chiediamo come mai un partito passa, in poco tempo, dal 32,50% al 14%, dal 17% al 38% e poi al 24%, dal 4% al 16%, dal 41% al 19%.
Oggi la classe politica punta sull’apparenza, sulla grandezza, sulla meraviglia. I contenuti, invece, vengono abbandonati a sé stessi negli anditi più polverosi delle cantine delle segreterie di partito. A volte, invece, non esistono neanche. D’altronde, che senso ha scrivere un programma politico nel 2020? “È un retaggio del passato”, è “roba vecchia”! L’importate non è essere capaci e avere le idee chiare, ma è trovare dei modi per far credere di essere capaci e di avere delle idee con un fondamento logico. L’importante non è essere, ma apparire.
Ma questa, non può dirsi democrazia. Perché la democrazia è il mezzo con cui idee diverse, palesate in modo schietto e trasparente, si incontrano, dialogano e magari litigano… perché no? Anche questo fa parte del gioco. Ma poi, alla fine, riescono a trovare una mediazione, un compromesso, un modo per fare ciò che la politica deve fare: governare in modo equo e giusto un Paese. Ma questo non lo si può fare se non si hanno dei programmi, delle idee e dei modi diversi di vedere le cose. Una politica fatta di slogan, spot pubblicitari, dichiarazioni vuote e nomi da operetta al posto dei valori, delle idee, degli obiettivi, delle battaglie e delle speranze, non può dirsi vera politica. Non può, e non deve farlo.
La politica dovrebbe avere il coraggio di svelare a tutti la propria identità. Dove sono i liberali? I conservatori? I comunisti? I socialisti? Avanti, fatevi avanti! Cosicché un liberale potrà votare i liberali, un conservatore potrà votare i conservatori, un comunista potrà votare i comunisti e un socialista potrà votare i socialisti. Esattamente come succede negli altri paesi, in Europa e nell’intero mondo occidentale. E come accadeva anche qui, in Italia, prima delle seconde-terze-quarte-quinte repubbliche.
Avete fatto la rivoluzione? Bene, ora fate la controrivoluzione.
Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non sorgerà un nuovo senso del dovere. – Aldo Moro
Rag. Alessandro Frosio