DOMENICA IV DI PASQUA ANNO C
VANGELO (Gv 10,27-30)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Commento
Continuiamo nelle considerazioni sul significato della Pasqua per la comprensione del breve brano odierno. La considerazione della risurrezione come testimonianza credibile ad opera dei suoi discepoli, si basa non solo sull’antichità in cui è stata fatta – praticamente dagli inizi – ma anche dai contenuti nuovi, direi quasi scandalosi, che essa ha comportato. Gli apostoli non hanno visto semplicemente un fantasma, ma un dominatore, un vincitore della morte. Pur nel carattere quotidiano delle apparizioni, Gesù dona lo Spirito, spiega autorevolmente l’Antico Testamento, facendo di se stesso la chiave di interpretazione, si mostra superiore ai limiti temporali e spaziali, afferma di possedere ogni autorità in cielo e in terra: in una parola appare rivestito di autorità divina. Egli viene proclamato Signore, nome che gli Ebrei davano solo a Dio. Dunque ben presto gli si attribuiscono qualità divine, lo si fa uguale a Dio. Troviamo tali espressioni in Paolo: I lettera ai Corinzi, 8, 6: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui»; lettera ai Romani, 9, 5: «Cristo che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen»; ancora Romani, 8,32: «Dio, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato a per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui?»; lettera ai Filippesi, 2, 5: «Cristo Gesù pur essendo nella forma divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Queste espressioni di Paolo sono le più antiche affermazioni sulla divinità attribuite a Gesù. quando esistevano ancora molti che l’avevano conosciuto da vivo in Palestina. Poi cronologicamente vengono le affermazioni sulla divinità di Gesù dei primi tre Vangeli, composti tra gli anni ’60 (Marco) e ’80 (Matteo e Luca); l’ultimo, della fine del I secolo è quello Giovanni, in cui troviamo l’espressione riportata dal Vangelo di oggi, che dice il mistero dell’unità di Gesù con Dio Padre: «Io e il Padre siamo una cosa sola».
L’antichità delle frasi delle lettere paoline pone un problema molto difficile da spiegare: la divinizzazione di un uomo da parte di Ebrei. Questi erano monoteisti rigidi, come avevano appreso dal I comandamento (Io sono il Signore Dio tuo). Rifiutavano la religione che ammetteva una pluralità di dei, propria dei Greci e Romani, per i quali non costituiva problema la divinizzazione di un uomo. Ora Gesù viene chiamato Dio da Ebrei convinti come Paolo, che non avrebbero mai osato fare simili affermazioni, se non fossero stati costretti da un evento che si imponeva a loro. Era impossibile che degli Ebrei divinizzassero un loro contemporaneo. Se proprio avessero voluto salvare la dignità di Gesù, morto in croce, potevano limitarsi a dichiarare che era un profeta ucciso ingiustamente, come era spesso avvenuto nell’Antico Testamento.
Inoltre, proclamandolo Figlio di Dio, rendevano più difficile la loro missione presso gli Ebrei, per i quali un uomo presentato come Dio e Signore era una bestemmia. Le difficoltà di comprensione verso un Dio crocifisso non erano minori presso le popolazioni pagane, perchè un Dio morto sulla croce era inconcepibile. Si trattava di una cosa irrazionale e assurda, il modo peggiore di divulgare un culto. Il carattere paradossale della fede cristiana è ben espresso da Paolo (I Corinzi, 1,22-23): «E mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani».
Ma proprio il Figlio di Dio crocifisso costringe a cambiare radicalmente il volto di Dio rispetto ai comuni criteri religiosi. Lo possiamo vedere nel vangelo di oggi del buon Pastore. Nell’Antico Testamento Dio aveva promesso di farsi lui stesso pastore del suo popolo per l’indegnità dei suoi re e sacerdoti, che avevano portato il popolo alla rovina. Gesù proclamandosi Buon Pastore intende adempiere questa promessa. Ma avviene molto di più. Gesù, Figlio di Dio ama le pecore e dà la vita per esse. Cosa significa dare la vita? Nella cappella degli Scrovegni a Padova, il sommo Giotto ha dipinto l’adorazione dei Magi, che con un gesto di prostrazione riconoscono in quel bambino il Figlio di Dio; ma nel riquadro sottostante Giotto ha messo Gesù che si abbassa e si prostra per lavare i piedi agli apostoli, quindi un Dio Servo. Dare la vita significa dunque svuotarsi e mettersi a servizio. Questo è la rivelazione autentica di Dio contro ogni mistificazione umana che mai avrebbe potuto dire qualcosa di simile sulla divinità!
21 Comments
Mainardo della Volpe
Eccellentissimo Monsignore,
non sono molto pratico di Chiesa, incensi e dintorni. Il mio interesse maggiore risiede nella bellezza, specie quella artistica, quella che sa superare anche le ottusità razionalistiche poste da critici e superbi.
La raffigurazione del Buon Pastore ha avuto grande ruolo in pittura e scultura, ma anche in musica, architettura e poesia.
Quale o quali di esse Lei trova più consone al brano evangelico e al Suo comnento?
Goffri
Le immagini di Cristo che più mi impressionano e che mi aiutano nella riflessione e nella preghiera personale sono quelle del Cristo in gloria, del Pantocrator, che mi danno l’idea dell’universalità della redenzione e le immagini della passione di Gesù, soprattutto quelle del Cristo deposto dalla croce e pianto dalla madre e dalle pie donne. Il loro patetismo, per un Figlio di Dio che ha sofferto e che è tutto piagato (penso alla rappresentazione di Giotto agli Scrovegni di Padova) mi è di aiuto per commuovermi e meravigliarmi di colui che ha dato tutto per me.
Ariberto della Gera d'Adda
La ringraziamo per la sua paziente chiarezza. È un sollievo leggere le Sue risposte alle pressanti nostre domande, certo nebulose, come nebulosa è la vita al tempo d’oggi.
Nei secoli non siamo stati educati a leggere e soprattutto capire la Parola, ma ad ascoltare sermoncini moralistici: collegare la Parola alla realtà è esercizio cui nemmeno la scuola ci ha istruito.
Blog come questo sono fondamentali, anche per l’anonimato che, se richiesto è ferreo: nessuno vuole mostrare l’ignoranza religiosa che si porta dietro, e nello stesso tempo molti vogliono dichiarare i propri dubbi e le proprie idee al riguardo.
Goffri
La ringrazio cordialmente. Il tempo odierno ci sollecita a nuove domande e indagini rispetto al passato, a cui la parola di Gesù si mostra sempre sorprendentemente ricca di spunti, se debitamente indagata Spero di riuscire di aiuto a che è seriamente interessato in questa ricerca.
Schettine della Biscaglina
Riprendo un tema già emerso nelle puntate precedenti, e cioè quello del fatto che le pecore riconoscono la voce (la Parola) del loro pastore.
Nella confusione di oggi come si fa a essere “riconoscenti”, cioè non solo a essere grati per un tangibile beneficio ricevuto ma anche a riconoscerne l’eventuale grandezza di dono? In fondo, si tratta di distinguere il bene dal male, il buon pastore da quello cattivo, e ciò prima di subirne gli effetti. Perché le pecore seguono il pastore, anche se cattivo.
Ernestina Maria Ghilardi
Non si tratta soltanto di distinguere fra il pastore buono e quello cattivo. Oggi è necessario anche distinguere fra chi è pastore e chi non lo è ma simula di esserlo, almeno pro parte.
Pensate a quanti sgomitando si infilano nelle liste elettorali o si propongono per incarichi di interesse pubblico facendo grandi e apparentemente corretti proclami, mentre in realtà mirano solo agli interessi propri e dei loro amici.
Questo non avviene solo nel largamente corrotto mondo della pubblica rappresentanza e amministrazione: basta pensare ai tanti santoni che occupano i canali televisivi, ma anche agli opinion leaders (giornalisti, manager etc.) che pontificano a loro esclusivo vantaggio, alle compagnie che rompono a ogni ora telefonandoti le loro offerte, a tanti gestori web, a tanti agenti pubblicitari, ai venditori porta a porta che ti suonano il campanello…
Tutti costoro in qualche modo fingono una loro “pastoralità”, ma in tal senso sono soltanto lupi travestiti.
Ghiza Tombini
La risposta ce l’hai sùbito: quello che è veramente pastore e anche buono dà la sua vita per le pecore, anche se si tratta di pecoroni che hanno paura di dirsi cristiani, cosa che fa storcere i nasini nei salotti radical-chic.
È il preannuncio del sacrifizio di Gesù, la prova della concretezza del Suo amore per noi. Il Signore più che delle pecore e dei pecoroni parla di sé, di come si pone Dio verso l’uomo.
Certo che è qualcosa di molto diverso dalle altre religioni, Islam compreso.
Goffri
Non posso che condividere quanto dice. Trova un approfondimento in quanto scrivo nel commento di questa domenica V dopo Pasqua.
Goffri
Gesù ci offre una prova infallibile per discernere i buoni dai cattivi pastori. Il Buon Pastore dà la vita; vive la generosità e non pensa primariamente ai propri vantaggi, come bene dice l’amica Ghiza Tombini. S. Paolo scriveva nella lettera ai Galati: !Quello che io vivo, lo vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e hadato se stesso per me” (Galati. 2,20)
Goffri
L’uomo di oggi riceve una quantità enorme di stimoli, che possono creare disordine e smarrimento. Mi sentirei di suggerire alcune regole, che riguardano una sana sobrietà, con momenti di riposo e di riflessione personale. Occorre poi considerare i momenti essenziali della vita, per cogliere le lezioni di vita buona che essi contengono: i rapporti personali, gli affetti familiari, l’aiuto reciproco, gli atti di generosità, l’onestà. Se ci incamminiamo su questa strada, potremo riconoscere i buoni maestri, soprattutto il Buon Pastore Gesù. Potremmo dargli credito, prima di aver raggiunto una certa consapevolezza. Dalla pratica, possiamo verificare se le sue indicazioni sono buone. C’è una preparazione per riconoscere e fidarsi, ma c’è pure l’esperienza del vissuto che ci conferma.
Ildegardo da Aachen
Il rapporto fra Dio e uomo è paragonabile a quello del pastore con le sue pecore: lo dicono l’Antico come il Nuovo Testamento. Gesù dice che questo rapporto non può cessare, mai.
E la libertà dell’uomo? Fino a qual punto può spingersi?
Goffri
La domanda è molto pertinente e per niente banale. Essa suppone una concezione dell’uomo irreale e solo immaginata. La tentazione dei contemporanei è quella di immaginare l’esistenza dell’individuo che esiste prima e a prescindere dalle relazioni con gli altri, In realtà l’identità personale si costruisce con le relazioni, fin dai primi momenti di vita. Il bambino, si sente qualcuno per la protezione del grembo materno che lo nutre e lo fa crescere. Appena dopo il trauma del parto piange, ma trova due braccia che lo accolgono. L’essere accolti e amati è fondamentale per la propria identità. L’uomo ha la possibilità di molti rapporti, ne cerca uno che in qualche modo costituisca la sua pienezza e sia la spiegazione di tutto. Non possono esserlo i rapporti con i familiari e amici, perché questi possono venir meno. Infatti piangiamo quando è mancata una persona amata L’individuo ha la sicurezza piena quando si sente oggetto di un interesse e di un amore che non verrà mai mano: in termini cristiani quando si sente Figlio di Dio e da Lui amato eternamente
Nobile barone (adottivo) di Sebottendorff
Il Signore appare dopo la morte, dichiara la Sua figliolanza da Dio, è Dio, vive. Effettivamente credere a tutto questo non è facile se non lo si vede e tocca come l’apostolo Tommaso. E nemmeno è credibile che, senza tangibili prove, lo credano degli Ebrei, sconvolgendo la loro ferma e formale credenza nella Legge di Mosè. Tutto questo è ragionevole, anche se la ragionevolezza non significa evidenza. Ma, a tal punto, perché Gesù ha scelto un tale percorso e non uno degli altri facilmente ipotizzabili, meno cruenti e più manifesti ancora, addirittura certi, per significarci tutto questo? In fondo, avrebbe levato ogni dubbio e questione, e l’umanità forse sarebbe un po’ migliore.
Goffri
Se Gesù avesse scelto l’evidenza avrebbe distrutto la storia, cioè il tempo che implica crescita, scelte sofferte, le prove, insomma l’esercizio della libertà, attraverso la quale diventiamo uomini. Quando scegliamo una persona da amare, non siamo del tutto sicuri, perché non ne vediamo l’intimo, che spesso è ignoto anche al diretto interessato. Scegliamo sempre sulla base di segni che rendono la scelta ragionevole; ma non è tutto programmato. Vi sono le sorprese, l’emergere progressivo della personalità nostra e degli altri, le circostanze diverse; tutto questo esige scelte continue.. Esse sono necessarie per costruire un rapporto maturo e profondo. Avviene così con le persone; avviene così anche per Dio: lo dobbiamo conoscere …
Karl Heinz Treetball
Abbiamo già trattato della responsabilità, mi pare. Il Buon Pastore ha la responsabilità di guidare il gregge e di salvare le pecore eventualmente in pericolo. Ognuno di noi è e deve essere buon pastore, che sia credente o no, perché la discriminante è data dal dovere di occuparci dell’altro, cifra base di qualsiasi società. Anche in questo il messaggio cristiano mostra tutta la sua universalità.
Goffri
L’occuparci dell’altro ha bisogno di concretezza. L’universale non è l’stratto e il generico. Gesù lo spiega con la sua vita, per es. lavando i piedi agli apostoli e con le parabole, che contengono una storia concreta: pensiamo alla parabola del buon Samaritano
Ernestina Maria Ghilardi
Vorrei chiedere a uno storico importante come Lei: se l’esempio per noi tutti è quello del Buon Pastore, in casa, sul lavoro, per strada, nel divertimento e nel dolore, come può esercitarsi il ruolo se le strutture fondamentali per avere anche soltanto un gregge vengono sistematicamente distrutte? Mi riferisco in particolare alle nuove leggi in corso di approvazione e alle sentenze che modificano e svuotano irreversibilmente il concetto stesso di matrimonio e di famiglia quale società naturale.
Soltanto irresponsabili o anche demonicamente altro?
Goffri
Questi temi meritano una trattazione esauriente. Penso che nel prosieguo dei nostri commenti avremo modo di parlarne, anche se sono solo un insegnante di storia e non uno specialista in materia. Uno dei motivi della complessità odierna è proprio la richiesta di specializzazione
Romana
L’oppressione burocratica ha disarticolato la società: c’è ancora un gregge oppure dobbiamo pensare a singoli gruppettini che forse un domani potranno diventare gregge?
Va cambiata, dunque, tutta la metodica pastorale? Con pochi e vecchi sacerdoti, per giunta. E quelli nuovi sono spesso impreparati …
Stava in Mileto
La presenza sul territorio di comunità religiose diverse e talora incompatibili col Cristianesimo pone problemi “di abbondanza”, per così dire. Non più un solo gregge, ma greggi differenti e distinte: che si fa o si può fare?
Non mi sembra che molte di quelle pecore ascoltino o anche soltanto siano in grado di capire la voce del pastore.
Goffri
La presenza sul mercato di numerose proposte religiose, dovrebbe indurre i cristiani a diventare più coscienti della propria originalità. Non è vero che una religione equivale all’altra. Esse presentano diversità piccole e grandi. Il cristianesimo presenta una struttura di fondo non posseduta da altre religioni, se non dall’ebraismo, ulteriormente sviluppate da Gesù. Rimando al mio commento del vangelo della V domenica dopo Pasqua