di Cesare Zapperi
I dati sulla criminalità in Bergamasca diffusi in occasione della Festa della Polizia sono scivolati via come acqua fresca, tutti presi come eravamo a seguire la campagna elettorale. Ma sono numeri che meritano una profonda riflessione perché fanno giustizia, mai parola fu più incongrua, di tante promesse e rassicurazioni elargite a piene mani dalle forze politiche che tanta parte hanno nella nostra provincia.
Limitiamoci ai reati più comuni. Ogni giorno vengono denunciati 11 furti in appartamento (quelli effettivamente commessi sono molti di più perché c’è chi non si rivolge nemmeno alle forze dell’ordine). Ma sommando le diverse tipologie di furto, la media giornaliera sale a ben 63. Tre al mese le rapine in casa, 80 complessivamente quelle messe a segno ai danni di negozi e 28 di istituti di credito. Tra aprile 2010 e aprile 2011 sono stati commessi anche nove omicidi (compreso quello di Yara Gambirasio), e solo di 4 si è risalito agli autori.
Non c’è bisogno di sottolineare che di fronte a queste cifre, peraltro in aumento rispetto agli anni scorsi, parlare di “Bergamo sicura” fa ridere i polli. O, più seriamente, induce a chiedersi con quale faccia talune forze politiche continuino a spacciarsi come paladine dei cittadini. Alla prova dei fatti, l’ubriacatura di sicurezza, molto presunta come si può constatare, non ha prodotto alcun risultato.
In molti Comuni ci si è rifugiati dietro le famose telecamere, occhi bionici che avrebbero dovuto vedere tutto. Ma poi è successo come a Brembate Sopra che l’unica telecamera che avrebbe potuto inchiodare l’assassino di Yara non funzionava (e non funziona tuttora, con buona pace del tanto esaltato sindaco Locatelli, la cui coscienza dovrebbe provare forti rimorsi).
Troppa demagogia, troppi slogan, troppe urla sguaiate. Ci si è baloccati con le multe alle prostitute, con le folkloristiche ronde. Intanto, alle forze dell’ordine venivano lesinati i mezzi e lasciati sguarniti gli organici. Per non parlare di alcuni interventi sulla procedura penale che si sono risolti in amnistie mascherate.
Le statistiche di oggi non sono altro che la certificazione di un fallimento. Che pagano sulla loro pelle, e le loro tasche, i cittadini. E forse non è un caso se nelle urne si è scatenato il terremoto che sappiamo. Undici furti al giorno nelle case non sono un’opinione, ma la plastica rappresentazione di una sicurezza inesistente. Incapace di tutelare anche ciò che abbiamo di più caro, il nostro focolare. Come ribaltare questa situazione, come mettere un argine non è roba da bacchetta magica. Nessuno chiede miracoli. Ce ne sono stati promessi troppi. Ci accontenteremmo di un operoso silenzio. Di maniche rivoltate e di sudore. Di un impegno costante e quotidiano a ricostruire, a partire dalle piccole cose, la fiducia in chi deve garantirci la sicurezza.
One Comment
Aristide
PER RAGIONARE DI CRIMINALITÀ OCCORRONO I VALORI RELATIVI, NON I VALORI ASSOLUTI
Dubito che abbia molto senso ragionare sulle cifre assolute, quando si esamina il fenomeno della criminalità (anche in altri casi, naturalmente). Se ogni giorno a Bergamo sono denunciati undici furti d’appartamento, cosa dovrà fare una persona ragionevole? Dovrà preoccuparsi, o no? Secondo me una persona ragionevole, aliena dalla retorica e dall’indignazione a comando, dovrebbe chiedere nuovi dati, prima di esprimere un giudizio: quindi, se per carattere costui – per quanto ragionevole – è portato a preoccuparsi, saprà che cosa fare. In linea di principio però potrebbe, al contrario, anche rallegrarsi. Tutto dipende dai dati necessari per una corretta impostazione del problema.
Intanto consideriamo che, poiché viviamo nel mondo reale, e non nel migliore dei mondi possibili, è nell’ordine delle cose (forse, ahimè, anche naturale) che ci siano furti e delitti. Ciò che semmai potrebbe ragionevolmente indurmi a una qualche preoccupazione è sapere che Bergamo è più criminogena di altre città d’Italia, a parità di tutto, o che a Bergamo la curva della criminalità presenta un andamento pericolosamente crescente.
Per quanto riguarda il confronto con le altre città, pare che Bergamo si trovi al 25º posto, perlomeno così abbiamo letto su alcuni giornali. Per ragionare in termini relativi, un buon punto di partenza può essere il tabellone presentato dal quotidiano ‘Il Sole ventiquattr’ore’, recante i dati di “delittuosità” nelle città italiane. Si veda: http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_O… .
Credo però che i dati migliori da prendere in considerazione siano quelli forniti in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, a Bergamo e altrove: in particolare, occorrerebbe esaminare i dati di Bergamo e di altre città (per un confronto geografico, o “territoriale” come piacerà dire ad alcuni sciocchini innamorati di questa parolina magica), nonché i dati di Bergamo relativi agli ultimi dieci anni (per un confronto diacronico). Il confronto diacronico ci permetterebbe di valutare la linea di evoluzione della criminalità a Bergamo.
Quanto agli omicidi, se in un anno sono stati commessi undici omicidi e soltanto quattro casi sono stati risolti, non capisco perché dovremmo meravigliarci. Intanto consideriamo che nella classifica degli omicidi la Lombardia ha il triste privilegio di essere al secondo posto (12% degli omicidi in tutta Italia), dopo la Campania (16%). Consideriamo anche che la media nazionale dei delitti non risolti è del 42%. Ora, quattro delitti non risolti su 11 fanno il 36%: dunque, siamo sotto la media.
In un’impostazione razionale del ragionamento, in un’impostazione cioè che aborre dalla retorica e dal facile allarmismo, ci si potrebbe spingere un po’ oltre, varcando la soglia del famoso e mai abbastanza riverito giornalismo anglosassone. Varrebbe la pena analizzare la tipologia dei delitti: delitti passionali, litigi sfociati in assassinio, ammazzamento di follia, rapina con omicidio, delitti di mafia, delitti a sfondo sessuale, movente sconosciuto ecc. Per esempio, è noto che i delitti di più facile e rapida soluzione (nel senso che l’autore è individuato) sono quelli dovuti a follia (8,7%) e quelli con un movente passionale (23,9%). I folli, quasi tutti, si consegnano subito dopo aver commesso il delitto, o comunque si trovano nella condizione di essere subito individuati; anche parecchi delitti passionali sono di facile soluzione, sia perché gli autori si consegnano alle autorità inquirenti subito dopo, sia perché sono facilmente individuabili, soprattutto oggi con la prova del Dna.
Parliamo adesso di prevenzione, perché se c’è una cosa che, nel caso, dovrebbe preoccuparci sono proprio i delitti prevedibili, soprattutto quelli derivanti da situazioni di disagio psichico e da presenze malavitose classificate, ma non efficacemente controllate. Al contrario, i delitti con movente passionale, e non sono pochi, come abbiamo visto, sono pressoché ineluttabili: infatti, le pubbliche autorità non sono necessariamente al corrente delle vampe di passione che si sprigionano nella mente delle persone.
I delitti per i quali si potrebbe fare prevenzione sono quelli dovuti a follia e quelli che genericamente indicheremo di mafia (e che in realtà qui in Lombardia sono spesso delitti di ’ndrangheta e di camorra). Ebbene, pare che queste due voci assommino al 30% del totale dei delitti. Qui, effettivamente, ci sarebbe da lavorare, perché i casi di follia sono noti e classificati (più o meno bene). Riguardo ai delitti di mafia, è noto che molte organizzazioni criminali sono state ultimamente sgominate in Italia. Non entro nella polemica dei meriti da attribuire a polizia, carabinieri, magistratura e ministro Maroni. So che negli ambienti più raffinati si tende a negare che Maroni abbia un qualche merito. Io non sarei così ingiusto. In ogni caso, avanti tutta contro le infiltrazioni della ’ndrangheta in Lombardia!