Cattedre scoperte, professori che si fingono malati, banchi a rotelle, paritarie che chiudono, appalti fittizi, problema trasporti… ciò che sta avvenendo ha veramente dell’incredibile. Non si può negarlo: abbiamo una classe politica formata da incompetenti che, in sette mesi, non è stata capace di mettersi seduta ad un tavolo per progettare il rientro per tempo. Tra rinvii, voltafaccia, insulti e denigrazioni, l’istruzione dell’ottava potenza industriale del mondo è stata abbandonata a sé stessa.
E gli studenti italiani e bergamaschi cosa fanno? Invece di rimboccarsi le maniche per riprendere a studiare dopo sette mesi di nullafacenza, hanno deciso di scioperare. Evidentemente la lunga vacanza non gli è stata sufficiente: ora vogliono di più e decidono di continuare a saltare scuola.
Questo è ciò che si apprende dal comunicato di Priorità alla scuola!, un movimento studentesco nazionale che sta mettendo radici anche a Bergamo. “Siamo studentesse e studenti di Bergamo che, di fronte agli evidenti disagi della scuola nella nostra provincia, dai trasporti non sufficienti per tutti, alle classi troppo piccole, hanno deciso di prendere in mano la situazione […] facendoci sentire con la nostra faccia e il nostro tempo, in una parola: scioperando.”
Va bene, la scuola è in crisi: questo è un fatto inoppugnabile. Ma è assurdo che dopo sette mesi di vacanza, anziché fremere dalla voglia di ricominciare, decidono di aggiungere giorni di assenza alla loro già sufficiente assenteista carriera scolastica. Non è bastata la quarantena primaverile? L’estate è stata troppo corta?
Sostengono che “scioperare serve, ci dà visibilità di fronte alle istituzioni”. Già, peccato però che le istituzioni non sanno cos’altro inventarsi. Dopo lo sciopero i pullman rimarranno sempre pochi, le aule magicamente non si ingrandiranno e i banchi non appariranno prima dei tempi previsti. Credono che un giorno di vacanza in più possa cambiare le sorti della scuola, ma non si rendono conto che finché avremo questa classe politica al Governo non ci sarà mai un sostanziale cambiamento. Se oggi le “istituzioni” non producono idee per migliorare l’istruzione, sicuramente non le inizieranno a produrre domani grazie ad uno sciopero studentesco.
Sta di fatto che scenderanno in piazza “il 25 settembre, alle 09.00, davanti al Vittorio Emanuele (piazzale degli Alpini), scegliendo la data che, in tutta Italia, sarà il momento in cui la scuola che vuole vivere, che richiede di essere ascoltata e non messa da parte, strariperà nelle strade.” Già scrivendo questa frase sgrammaticata dimostrano che in quel giorno, anziché “straripare”, farebbero molto meglio a recarsi a scuola per imparare un po’ di consecutio.
Questo è un Paese che funziona al contrario: quando le scuole erano chiuse ci si lamentava perché erano chiuse, ma ora che sono aperte ci si lamenta perché sono aperte. Sono d’accordo: ci sono molti problemi ed incognite, ma in un modo nell’altro la scuola è partita. E non può più permettersi di fermarsi. Ciononostante, abbiamo un terzo dei professori di ruolo che si rifiuta di andare a lavorare e un certo numero di studenti che, nel loro fosco movimentismo, organizzano scioperi negli orari delle lezioni. Si fa di tutto, insomma, per evitare di essere contagiati da quella malattia rara che si chiama “studio” e da quell’altro bacillo definito “responsabilità”.
Cari studenti, ma perché non andate a studiare nelle vostre classi? Perché non vi impegnate per preparare un futuro migliore? Se vi comportate così, dimostrate ancora una volta che un Paese ha i rappresentanti che si merita. Se voi, giovani cittadini, siete i primi a calpestarvi il diritto all’istruzione sostituendo i libri con megafoni e cortei, come potete presumere che i politici lo rispettino? Vi state tirando la zappa sui piedi da soli, non ve ne rendete conto? E vi chiedo anche questo: perché non avete protestato in estate quando eravate ancora in tempo per influenzare le scelte politiche? Perché il 25 settembre, anziché alle 09.00, non manifestate alle 16.00 dopo scuola?
Siete arrabbiati: ne avete tutto il diritto e vi capisco, perché siete stati abbandonati anche quest’anno. Io stesso sono stato uno studente delle scuole superiori fino a giugno. Sono un nato del 2001 e ho la disgrazia di aver vissuto la (non) maturità del 2020, per la quale sarò etichettato a vita come un “diplomato di guerra”. Quindi comprendo le ragioni del vostro sciopero, perché in un certo senso mi riguardano strettamente. Ma ci sono modi e modi per esprimere il dissenso e quello di saltare la scuola non è una soluzione ai vostri problemi, ma è un gioco di puro masochismo. Un masochismo molto pericoloso, che graverà pesantemente sull’istruzione di questo Paese e la competenza della sua futura classe dirigente.
Se volete essere superiori ai politici e politicanti di oggi, lasciate a casa i manifesti e tornate nelle vostre classi a studiare. Solo così potremo costruire il nostro futuro.
Alessandro Frosio