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5 Comments

  1. 1

    Aristide

    Sconti per i lettori di Bergamo info?

    Il giornalista Attilio Scotti che ha coordinato la cena sponsorizzata dai produttori di formaggi ticinesi può metterci una buona parola?

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  2. 2

    Karl Heinz Treetball

    Bello, nulla da dire: già gustato con mio cugino Luciano.

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  3. 3

    Aristide

    Estraggo dalla presentazione del ristorante:

    «… un nuovo polo d’attrazione per gli enogastronomadi e i sempre più numerosi wine lovers».

    Gli “wine lovers” sono quelli che amano berne uno di quel buono? O deve intendersi qualcosa di più raffinato? Raffinato come? Qual è la differenza tra un “wine lover” e un intenditore (di vino, ovviamente)?

    Inoltre non mi è chiaro che cosa sia il “Metodo primo” per un duraturo equilibrio alimentare. È una dieta, o una pratica ginnica (considerato che il metodo è «proposto a costi promozionali nel Wellness Centre», che immagino sia un Centro di benessere)? O forse una filosofia? Se è una filosofia, è una filosofia sofistica, dal momento che il metodo si paga, sia pure a prezzo di lancio. Invece la filosofia di Socrate era, com’è noto, gratuita.

    Trovo questo stesso articolo pubblicato sull’Eco di Bergamo:
    http://www.ecodibergamo.it/stories/Viaggi&Tur
    Gli stessi concetti sono espressi in un comunicato stampa di Attilio Scotti, il giornalista che ha coordinato la cena sponsorizzata dai produttori di formaggi ticinesi. Vedi:
    http://www.newsfood.com/q/86574081/lugano-swiss-d
    Naturalmente, non c’è niente di male nel fare pubblicità. Qualcuno però, in altra parte del sito, mi rimproverava in questi termini: «Ma la comunicazione è un’altra cosa». Impancandosi a professionista, m’imputava a colpa l’aver io contrapposto all’esposizione retorica di un problema ancora da risolvere (l’identificazione dell’assassino in un caso criminale), un’esposizione improntata a razionalità bayesiana. Secondo costui, la razionalità bayesiana non avrei dovuto neanche nominarla. E, a monte, con quale autorità mi permettevo di affermare che l’approccio retorico è ingannevole? La comunicazione non si fa così. Chi l’ha detto? Mah, αὐτὸς ἔφα (in lat., ‘ipse dixit’).

    Terrorizzato da tanto rigore, riguardo a ciò che sia e ciò che debba essere la comunicazione, mi limito ora ad affermare – così, a naso – che il piano dell’informazione dovrebbe essere tenuto separato da quello della comunicazione commerciale, se tale è la comunicazione. Infatti, si riconosce al giornalista «un ruolo di filtro/tutela dell’interesse dei lettori» che, immagino, non riguarda soltanto la qualità del prodotto, ma la ‘par condicio’. Cioè, un certo prodotto non dovrebbe avere un trattamento di favore, a petto di altro simile prodotto, di pari qualità. Inoltre, se la comunicazione è commerciale, bisognerebbe renderne edotto il lettore, con opportuna stampigliatura o accorgimento grafico. Questo è il mio sommesso parere.

    Evidentemente, non sono un vero “professionista”, quanto meno un professionista della comunicazione com’è (e come dev’essere, evidentemente, in base al principio di giustificazine etica su base ontologica). Vivo in un altro mondo, come quei personaggi di ‘Fahrenheit 451’ i quali, perché non perisse la magia dei libri, in un regime in cui i libri erano vietati, se l’imparavano a memoria. Anacronistici, vecchi come bacucchi e reazionari. Lo riconosco, non capisco niente del nuovo che avanza, dei nuovi “trend” (però, se dite questa parola, non fatevi sentire da Nanni Moretti: lui queste cose non le sopporta e se qualcosa del genere gli viene all’orecchio, lui mena). Perciò, se qualcuno non è d’accordo con me, mi dica dove sbaglio. Ma niente attacchi personali, niente anatemi o richieste di censura, per favore. Non è corretto.

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  4. 4

    Giuli

    Wine lovers in bergamasco si traduce ciochetù?

    e enogastronomadi satù?

    Certe volte rimpiango il bel camino di Attilia che dalle parti di Sorisole apriva casa sua e ti dava da mangiare costine e salame fino a che non aveva smaltito il suo vino, un mangia e bevi in cui il vitigno di provenienza era incerto. Però si rideva tanto ed era alla portata delle tasche di tutti.

    Adesso solo perchè li chiamano wellness center ed hanno un house organ, per una cena con un pinguino alle spalle in cui devi stare attento a non ridere troppo se no disturbi, minimo minimo devi ipotecare la casa. Aristide scusami ma sarebbe questo il nuovo che avanza? Beh allora tra non molto ci sentiremo tutti come Fantozzi e ci apposteremo fuori dalle vetrine del wine bar ad osservare i wine lovers che degustano un Brunello di Montalcino ed ogni tanto gettano alla folla venerante che si è accalcata ad osservarli, un tozzo di lardo di colonnata servito su letto di rucola di portofino con contorno di ostrichette di Biarritz. Più o meno quelo che succede ogni estate a Porto Cervo.

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  5. 5

    Aristide

    LA DEONTOLOGIA DEL GIORNALISTA E LA MORDACCHIA PER CHI NE PARLA

    Spero che il gentile interlocutore che è intervenuto nei commenti all’articolo “Addio a Yara senza sapere…” (v. in questo sito la sezione “Attualità”) non se n’abbia a male. Costui chiedeva che su di me si abbattessero gli strali della censura, perché osavo parlare criticamente del giornalismo. Un altro ìnvido interlocutore (forse lo stesso), si cimentava in uno spericolato attacco ‘ad personam’, di tipo circostanziale, ma toppava sulla circostanza.

    In ogni caso, con buona pace dell’uno e dell’altro, suggerisco ai lettori di Bergamo Info la lettura dell’articolo “La deontologia del giornalista”, reperibile all’indirizzo di Internet http://www.difesadellinformazione.com/26/la-deont… .

    Qui, in relazione al dovere per il giornalista di essere autonomo, si sostiene che «strettamente collegate all’esigenza di autonomia e di credibilità del giornalista sono quelle norme [v. D.Lgs. 25 gennaio 1992 n. 74, in materia di pubblicità ingannevole: N.d.R.] che lo vogliono estraneo a iniziative di carattere pubblicitario. In particolare, i cittadini hanno il diritto di “ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dai messaggi pubblicitari”».

    Sempre in quest’articolo si fa riferimento alla Carta dei Doveri del giornalista che lo responsabilizzano, anzi lo obbligano a «porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale». Infatti, prosegue l’articolo, «un conto è descrivere un prodotto attraverso l’enfasi tipica del messaggio pubblicitario, ben altra cosa è indicare al lettore l’utilità di un bene legandola all’efficacia di un articolo giornalistico».

    Segue una disanima della difficoltà di distinguere un articolo informativo da una pubblicità redazionale e la presentazione di alcuni aspetti giuridici sui quali non mi soffermo, consapevole del fatto che pende su me la spada di Damocle della perspicuità. Quando tu dici una cosa scomoda e la documenti, troverai sempre qualcuno che ti rimprovera il fatto che non sei stato abbastanza “giornalistico”, non hai semplificato abbastanza, “ma chi vuoi che capisca quei documenti…” ecc. Dicono. Rimando dunque il gentile lettore per approfondimenti all’articolo sopra menzionato, all’inizio di quest’intervento.

    Segnalo inoltre, sempre che i due interlocutori di cui sopra non se n’abbiano a male, la Carta dei diritti e dei doveri che regolamentano la professione giornalistica, approvata l’8 luglio 1993 dalla Federazione nazionale della Stampa italiana e dall’Ordine nazionale dei giornalisti: la si trova in un sito Rai, al seguente indirizzo: http://www.segretariatosociale.rai.it/atelier/car… . Qui si legge, fra l’altro, che «i messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni» e che il giornalista «deve sempre rendere riconoscibile l’informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale».

    §§§

    Ahimè, già mi pare di sentire la solita solfa: a) Aristide, ma che cosa vuoi che importi di queste tue elucubrazioni a chi si alza il mattino presto, prende l’autobus e va a lavorare? [obiezione: e che cosa volete che importi a quel medesimo lavoratore – che so io – della possibilità di acquistare una seconda casa in Costa azzurra?] b) Aristide, ammesso che a qualcuno importi qualcosa dell’argomento che hai toccato, in ogni caso hai usato troppe parole [obiezione: se voglio, sono capace di scrivere un articolo esattamente in un numero assegnato e qualsivoglia di battute: vedi l’esercitazione in “Scuola di giornalismo / 1”, all’indirizzo http://www.testitrahus.it/Scuola%20giornalismo_1…. ; se voglio, appunto]; c) Aristide, non m’importa un fico secco di quello che tu dici, ma se tu dici così è perché hai sposato una ballerina ungherese e porti le corna [obiezione: non ho sposato nessuna ballerina ungherese, non porto le corna; ma quand’anche fosse, che cosa c’entra?]; d) procurate una mordacchia e mettete a tacere Aristide per sempre: non ne posso più [obiezione, ma più che obiezione, constatazione: di solito non ho paura, neanche quando sono denunciato].

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