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Federico Rossi

Giornalista Freelance ed Economista d'Impresa, ha studiato in Italia ed in Nordamerica. E' specializzato in soluzioni di marketing aziendale.

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One Comment

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    Aristide

    Osservo che i due articoli impaginati sopra questo, intitolati “Il Sogno Americano: alla conquista del Grande West” e “A settembre tutti a Bellinzona, capitale del gusto” presentano i commenti disabilitati. Personalmente non ho niente da obiettare, penso neanche gli altri lettori di Bergamo Info, considerato che i due articoli sono in realtà “redazionali”, cioè non articoli d’informazione ma comunicazioni commerciali. In gergo sono anche chiamati “redazionali”, cioè (traggo la definizione dal dizionario del Gabrielli) «Redazionale, 2 = Pubblicità redazionale, che si presenta come una notizia o un servizio di informazione, ma, contraddistinta da segni grafici particolari, è pubblicata a pagamento su giornali e riviste».

    Non trovo niente da obiettare nel senso che se una testata pubblica un redazionale a pagamento, trovo naturale che il contenuto non sia commentato. Infatti, la testata si farebbe del male, qualora accettasse commenti non solo elogiativi (sarebbero però scontati, e in suspicione di essere a pagamento) ma anche negativi (accettando quelli elogiativi, dovrebbe accettarsi anche quelli di segno contrario).

    Trovo invece singolare che il secondo articolo sia firmato, come pure il fatto che in entrambi gli articoli niente ci faccia capire che si tratta di redazionali. Certo, se uno li legge, e se non è stupido, se n’accorge immediatamente. Ma se n’accorgeranno proprio tutti? Non c’è il rischio che qualche lettore ingenuotto fraintenda da principio, per poi lamentarsi, in seguito, di essere stato “ingannato”? Secondo me, è un rischio da evitare. Sono stato copywriter all’Olivetti, ho scritto redazionali pubblicati su importanti testate nazionali ma:

    a) non ho mai firmato i redazionali; non li firmava neanche Giovanni Giudici, il poeta deceduto un mese fa, che pure era giornalista e letterato affermato: aveva la stanza di fronte alla mia, che teneva sempre ben chiusa, ma dalla quale si udiva lo sferragliare di questa o quella delle sue tre macchine per scrivere (manuale, con i martelletti e il cestello; elettrica, con elemento d’impressione dei caratteri “a pallina”; elettrica, con elemento d’impressione dei caratteri “a margherita”). La scelta della macchina per scrivere dipendeva dall’ispirazione poetica.

    b) gli articoli erano impaginati con un’impostazione grafica particolare, come recita, appunto, la definizione del Gabrielli. Infatti, nei comunicati commerciali si accetta che venga meno la funzione perequativa e di filtro del giornalista: la qual cosa va, in qualche modo, segnalata. In sostanza, com’è scritto nella Carta dei diritti e dei doveri che regolamentano la professione giornalistica, approvata l’8 luglio 1993 dalla Federazione nazionale della Stampa italiana e dall’Ordine nazionale dei giornalisti: «i messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni»; inoltre il giornalista «deve sempre rendere riconoscibile l’informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale».

    Il mio suggerimento, di facilissima attuazione e di assoluta tutela per Bergamo Info, è che:

    i) i redazionali non siano firmati;

    ii) in testa ai redazionali sia posta l’indicazione di redazionale, per esempio fra parentesi (visto che non è previsto l’uso dei corsivi, credo; e i neretti sono da usare con parsimonia, non come faceva grossolanamente, fino a poco tempo fa, ‘la Repubblica’, inteso come giornale di largo Fochetti). Cioè, si scriva, sopra il titolo: (Redazionale);

    iii) l’articolo stesso appaia sopra un fondino grigio (per esempio, d’intensità più tenue di quello apposto a tutta la pagina di Bergamo Info, sul quale è “scavato” lo spazio bianco nel quale si leggono gli articoli).

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