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Claudio Rossi

Mediatore Sociale e laureato in Scienze Economiche, collabora con CYFE UniBG. Da oltre trent'anni si occupa di soluzioni relazionali-gestionali per il trinomio impresa, patrimonio ed imprenditore.

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2 Comments

  1. 1

    Aristide

    L’articolo informa il lettore di Bergamo info che a Dalmine c’è stato un convegno-dibattito della Ferretticasa, dal quale emerge la grinta di una famiglia alla ricerca di nuove prospettive di crescita. Riguardo alla grinta, non ho motivo di dubitare, tanto più se metto in relazione quest’articolo con l’altro apparso sempre su Bergamo info, dal titolo “L’innovazione immobiliare comincia da Bergamo”. Si veda:
    https://www.bergamo.info/economia/l%E2%80%99innova
    Infatti, leggevamo in quell’articolo: «Questo luogo – spiega Roberto Ferretti responsabile marketing dell’azienda – incarna una nuova filosofia: quella di trasformare l’acquisto della casa in un’esperienza conoscitiva, visiva ed estetica. Un vero acquisto consapevole».

    Però alla luce dell’impostazione etica e cristiana che traspare in numerosi articoli di Bergamo info, e che caratterizzano questa interessante iniziativa editoriale, mi pongo due domande:

    a) Mi domando se la grinta sia un merito e se, come tale, possa essere oggetto di notizia obiettivamente degna di segnalazione ai cittadini. Segnalo inoltre che bisognerebbe spiegare quale dovrebbe essere per i cittadini il vantaggio di un «più costante e condiviso» rapporto Banca-impresa «improntato all’apertura quasi ad un rapporto di partnership strategica, ferme restando ovviamente le peculiarità proprie dell’imprenditore». Il fatto è che sto leggendo l’ultimo libro di Pansa, ‘Carta straccia’, dedicato al giornalismo e ai giornalisti: mi viene naturale pormi questo interrogativo, quasi per riflesso condizionato.

    b) Riguardo allo stesso merito, fermo restando che è meglio edificare una società sul merito, piuttosto che sul demerito (direbbe Catalano) mi domando però se il merito associato alla determinazione di successo economico (e non solo) sia esso stesso un merito: in particolare, nella costruzione di una società degna del patrimonio di conoscenze e valori accumulati in un secolare progresso di civiltà occidentale. La quale (lo dico con buona pace di Mitterand) è l’esito dell’innesto della civiltà cristiana sul lascito della civiltà greco-latina. Volendo anche trascurare Seneca, ch fu “naturaliter christianus”, tutta la civiltà antica, tutta la civiltà cristiana non dànno un singolo appiglio perché ci si compiaccia dell’“auri sacra fames” [dove “sacra” significa “esecrabile”, dunque la fame di ricchezze è esecrabile], o di Mammona.

    Naturalmente, questo non significa che si debba cadere nell’errore opposto, quello di un savonaroliano disprezzo del benessere (al quale si rifece Nando dalla Chiesa nella sua campagna per l’elezione a sindaco di Milano, anni fa, nella tradizione dei “piagnoni” fiorentini, appunto, o dei patarini milanesi; a questa stessa tradizione si accosta oggi a tratti, ma con garbo, l’attuale candidato sindaco di Milano Pisapia). Ancora una volta, ci viene in soccorso la saggezza antica: si leggeva, infatti, nel tempio di Apollo, a Delfi, l’iscrizione μηδέν άγαν, che ammoniva “Di niente troppo”.

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  2. 2

    Aristide

    Consapevole del fatto che queste pagine sono lette nel Consiglio regionale dei Lombardi e che ivi siedono noti intellettuali come Nicole Minetti, Renzo Bossi detto il Trota e Roberto Pedretti, mi affretto ad aggiungere uno spirito lene sopra la lettera alfa della citazione greca sopra riportata. Invece di "μηδέν άγαν", come pure si scriverebbe in lingua neogreca (nella quale da qualche tempo, deplorevolmente, sono stati aboliti gli spiriti come segni diacritici), si legga "μηδὲν ἄγαν", com'è più corretto scrivere in greco antico. Così mi sento più tranquillo: i tre intellettuali sopra menzionati non avranno niente da ridire.

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