Autore

Luca Allevi

Dottore commercialista, pubblicista. Partner Leaders e del network Gruppo 24 Ore. Magistrale Economia Bocconi e Master RE NY University. Ha lavorato in Pizzarotti, Essex Capital NY e Avalon RE. Cell. 338-378.57.65 luca.allevi@leaders.it

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8 Comments

  1. 1

    Paolo

    Si tratta di una grande occasione per noi professionisti: commercialisti e consulenti del lavoro in particolare.

    Assimpresa può diventare la nostra associazione.

    Finalmente un'associazione che aiuta i professionisti senza fare loro concorrenza.

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  2. 2

    Aristide

    Domanda (non ingenua): la formazione può essere business?

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  3. 3

    Bergamo.info

    I formatori ovviamente guadagnano ma possono essere selezionati dalle stesse imprese che già pagano per un servizio che non hanno.

    Si tratta di ridare alle aziende i servizi cui hanno diritto.

    Reply
  4. 4

    Nanni

    Lo spirito mi sembra decisamente innovativo: si aiutano le aziende senza utilizzare risorse pubbliche !!!!

    La gente si dimentica che anche i famosi Voucher sono risorse pubbliche che spesso, alla faccia della sussidiarietà, finiscono sempre dai soliti consulenti.

    Qui, ad esempio, ciascuno sembra potersi sceglere il PROPRIO CONSULENTE.

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  5. 5

    GruppoGirasole

    Gentile Aristide, se per formazione business si intende formazione aziendale all'interno dell'impresa, la risposta è assolutamente si. Se invece ho frainteso la sua domanda, sono a sua disposizione per maggiori informazioni, scrivendo a sjones@gruppogirasole.com

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  6. 6

    Aristide

    Riguardo alla formazione mi pongo, un po’ da sempre, i seguenti due quesiti:

    1. Il primo quesito è: come mai i dipendenti – pubblici e privati, non importa, ma comunque con stipendio fisso e diritti sindacali – hanno bisogno costantemente di formazione, nel senso di educazione permanente (così anche si dice, con espressione mutuata dall’inglese), di formazione esterna, cioè impartita da formatori e società di formazione? Invece i quasi eroi che lavorano in proprio sembrano non avere bisogno di tale formazione esterna. Si formano da sé, sono autarchici. Eppure proprio costoro, intendo dire i professionisti, i lavoratori autonomi, gli artigiani, sono coloro sui quali il mercato scarica tutte le proprie contraddizioni, puntando precisamente sulla loro flessibilità e sulla loro capacità di reperire in tempi brevissimi le informazioni, le tecniche e i metodi di lavoro più idonei. Obiettivamente, i quasi eroi sono i meglio formati e informati, pur non avendo quasi mai seguito corsi di formazione, soprattutto non corsi di formazione generici. Sono sempre all’altezza della situazione, altrimenti non resisterebbero sul mercato, sarebbero falcidiati. In altre parole, la domanda è: esiste una differenza consustanziale, antropologica, tra dipendenti tutelati sindacalmente e quasi eroi senza tutela sindacale?

    2. Il secondo quesito riguarda la necessità e l’utilità della formazione: intendo dire della formazione a prescindere, astraendo cioè dai problemi da risolvere ‘hic et nunc’. Questa formazione è diversa da quella che – soprattutto in epoca di Internet – uno si procura da sé, dovendo risolvere un problema concreto, via via che questo o quel problema si presenta. Dunque, l’autoformazione dei quasi eroi non è una formazione in vista di…, ma un’autoformazione finalizzata alla risoluzione di un problema da risolvere oggi stesso, al più tardi domani.

    Per farla breve, sono stato io stesso formatore, parecchi anni fa, in campo tecnico: tenevo corsi di fisica acustica per medici e logopediste, spesso bellissime (perciò conservo memoria piacevolissima di quegli anni). Mi càpita di essere ancor oggi formatore, ma in campo linguistico. Eppure, allora come adesso, ho sempre avuto dubbi riguardo all’immanente e cogente necessità della mia formazione (a prescindere dalla necessità di “far punti” validi ai fini del punteggio scolastico, per esempio, o dalla possibilità di accedere a finanziamenti europei e regionali). Io la mia missione (“mission”, come dicono lorsignori) non l’ho mai considerata sacra, non la considero sacra. Invece, quando avviene che scambi quattro parole con coloro che fanno formazione riguardo a cose come il marketing, la pubblicità, la gestione delle merci o delle risorse umane, colgo sempre nelle loro parole un sincero e assoluto afflato mistico. Guai a dir loro che non c’è niente di sacro, niente di mistico e che di nobiltà in quel che fanno non si vede neanche l’ombra: apriti cielo! Perché? Ciò è dovuto al fatto che personalmente non ho propensione al misticismo, o al fatto che il marketing e le relazioni umane hanno qualcosa di intrinsecamente mistico che, per esempio, la fisica acustica e le mie competenze linguistiche non hanno? Chiedo lumi agli esperti, dei quali abbonda questa nostra società che si avvia al disfacimento. Al tempo del Rinascimento non esistevano esperti. Vasari e Michelangelo non erano architetti, ma quando cominciarono a por mano agli edifici eressero monumenti di bellezza perenne.

    Un capitolo a parte sarebbe quello dei corsi di formazione professionale della Regione Lombardia. Una mia amica aveva organizzato un gruppo di formazione e sensibilizzazione ecologica: la proposta era passata in Regione, ma lei era disperata perché non trovava studenti che s’iscrivessero in numero sufficiente per poter attivare i corsi e beneficiare dei finanziamenti. Ma questo dei corsi regionali è un capitolo doloroso, forse ne parleremo un’altra volta.

    Reply
  7. 7

    GruppoGirasole

    Gentile Aristide, cercherò di rispondere in modo quanto più chiaro possibile ai suoi quesiti.

    Parto da una premessa: ci sono un pò di generalizzazioni in quanto lei scrive e cercherò di provare a sfatare soprattutto quelle.

    Innanzi quando si sceglie, perchè è una scelta, di essere imprenditori, si compra "volontariamente" come dire un pacchetto, che è quello di fare le cose in proprio con mille sacrifici, soddisfazioni a volte, ma lo si sceglie in autonomia e libertà. La stessa libertà di chi chiede invece di essere un lavoratore dipendente assumendosi meno rischi a volte, e, avendo qualche tutela in più.

    Noi facciamo formazione, non ci spetta, ne lo vogliamo fare, di discutere le scelte di vita delle persone, quello che sappiamo fare invece, è supportare le persone con gli strumenti disponibili, perchè queste siano messe in condizione di sviluppare il loro potenziale al massimo.

    Riguardo a chi ha necessità di formazione.. il mio pensiero è che tutti ne abbiamo bisogno, io lei, il mio vicino di casa.. si parla di long life learning (apprendimento durante tutta la vita.. e si badi bene la vita e non solo quella lavorativa) non a caso.

    Io come lei, mi pare di intendere ce la paghiamo di tasca, qualcuno ha la possibilità di usufruire di strumenti a sostegno… beato lui? Non so dirglielo, per me , se vuole conoscere la mia posizione, la formazione andrebbe sempre pagata di tasca propria. Ma se esistono strumenti perchè non usarli?

    Tornando alla necessità di formazione e alle certezze dei formatori, credo che molto lo faccia l'uomo, io di certezze ne ho molto poche ma nella formazione ci credo e credo soprattutto nel valore aggiunto che uomini e donne che lavorano in questo settore possono dare.

    Non conosco l'esperienza della formazione professionale della Lombardia e di conseguenza non ne parlo.

    Reply
  8. 8

    Aristide

    Gentile interlocutore (si veda il punto precedente), lei ha risposto, a mio parere, nel modo migliore possibile: senza cioè invocare censure sulla mia penna per l’irriverenza delle dubitose considerazioni, senza produrre la sacralità dei contenuti della sua professione, senza ricorrere – per demolire il mio punto di vista – ad argomenti ad personam, più o meno fondati, ma sempre razionalmente irrilevanti, dunque sempre sleali.

    Lei invece ha risposto portando i suoi argomenti. Ottimo: perché così, fra l’altro, lei ha dimostrato di poter insegnare qualcosa solitamente e bellamente ignorato, anche dai migliori giornalisti di scuola anglorobicosassone. Ha ripreso alcune delle mie considerazioni affermando, fra l’altro, cose condivisibili. Tra queste: la necessità dell’educazione permanente, sulla quale concordo, anche se mantengo le mie riserve sull’opportunità di fare qualcosa, in generale, compresa la formazione, avendo come motivazione trainante la possibilità di accesso ai fondi europei o regionali (nell’amministrazione pubblica, ma anche in quella privata, molti burocrati promuovono la formazione “a prescindere”, per allargare la propria area d’influenza, facendo leva proprio su questo argomento, complice un certo provincialismo); l’importanza del dubbio per avere una visione d’insieme e allargare gli orizzonti della conoscenza; l’opportunità che, in età adulta, una formazione calibrata sulle necessità individuali sia pagata di tasca propria. Perfetto: così, tra l’altro, la formazione sarà più efficace. Analogamente si dice che la terapia psicanalitica sia tanto più efficace quanto più a caro prezzo la si va pagando.

    Riguardo all’ultimo punto, all’importanza cioè che uno paghi di tasca propria almeno certe cose, io ne ho esteso la portata alla scelta dei ristoranti. Se, varcando la soglia di un ristorante, mi accorgo che ai tavoli siedono commensali con rimborso a piè di lista (non è difficile riconoscerli a prima vista, soprattutto quando si tratti di piccoli manager accessoriati, quelli che parlano a voce molto alta, opportunamente gasati da qualche corso di formazione aziendale) giro i tacchi e mi reco a un altro ristorante.

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