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12 Comments

  1. 1

    bartolo

    Come finirà? Comunque male, caro il mio professor Locatelli, perchè sta migliorando la cosiddetta sicurezza delle centrali nucleari soltanto attraverso l'esperienza che si trae dalle tragedie. Capirai…. E Lei lo sa bene, purtroppo, come si evince da quel che ha implicitamente detto senza farlo sapere apertamente. Forse per Lei le migliaia di vittime giapponesi, attuali e future, sono "necessarie" cavie sull'altare della scienza, di una scienza che, però, è al servizio del duo potere-denaro. Evidentemente, anzi, con sempre maggior evidenza.

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  2. 3

    Giuseppe

    In Italia la gente NON vuole le centrali.

    Considerato che i politici dovrebbero rappresentare la gente, non si capisce perchè fanno l'esatto contrario.

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  3. 4

    luigi

    Ciao Giuseppe, è giusto decidere sull'onda dell'emotività?

    la politica deve solo rappresentare i bisogni della gente o tracciare il futuro di un Paese?

    Ho più dubbi che certezze in materia di nucleare ma, siamo sicuri che ne possiamo fare a meno?

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  4. 5

    angelomario

    Come finirà la centrale nucleare multipla giapponese? Bruciata in Piazza Pontida al Carnevale di metà Quaresima. E finita lì. Fino alla prossima centrale, data per sicurissima ma…

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  5. 6

    cotigisnum

    Questo tragico terremoto giapponese mina la fede dei nipponici e di tutte le popolazioni del mondo nella tecnologia: il paese con la massima conoscenza di terremoti e tsunami e con la massima competenza antisismica, il paese con la più alta quota di centrali atomiche pro capite dopo la Francia e con la più vasta esperienza di danni atomici non è riuscito, disponendo dei tecnici più esperti del mondo, a controllare i suoi reattori atomici. Perché dovremmo credere a chi promette che altri, meno esperti, siano invece capaci di farlo?

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  6. 7

    sicutti

    Faccio riferimento alla mia esperienza lavorativa: se fosse vero che con le megatecnologie la possibilità del massimo evento avverso sarebbe sì reale, ma la sua probabilità sarebbe così piccola da essere valutata 'praticamente' nulla, che le centrali atomiche, perciò, 'sono sicure', le compagnie d’assicurazione farebbero a gara per poter assicurare un rischio in cui c’è solo da guadagnare e 'sicuramente' niente da perdere.

    Mica vero: in Svizzera ogni centrale è assicurata per un massimale di 1 miliardo di franchi, a fronte di un danno possibile di 100 miliardi stimato dall’Ufficio federale della protezione civile; una proposta di legge chiede di introdurre un’assicurazione obbligatoria per 500 miliardi, il che porterebbe ad aumenti del kWh tra 5 e 50 centesimi (ora ne costa 20). In Germania il massimo danno coperto è di 2,5 miliardi di euro per centrale, contro un massimo danno stimato dallo Stato di 5.500 miliardi. Altre stime arrivano a 11 mila miliardi. Per questo numerose organizzazioni tedesche stanno raccogliendo firme per introdurre una vera assicurazione obbligatoria delle centrali (www.atomhaftpflicht.de). Secondo queste cifre le centrali atomiche, a differenza di un’automobile, viaggiano quasi senza assicurazione. È curioso che mentre secondo certe élites «il mercato deve dirigere tutto», per i rischi atomici proprio costoro ignorino il segnale forte e chiaro del mercato delle assicurazioni, capace altrimenti di dare un prezzo a qualunque rischio.

    In questo caso la risposta del mercato del rischio e quella del filosofo sono simili.

    Di fatto, non è che le assicurazioni calcolino un premio troppo alto per le centrali atomiche. Semplicemente non assumono quel rischio. Per qualunque prezzo. Il prezzo di un rischio si basa sulla moltiplicazione del­l’ammontare del massimo danno per la probabilità che esso si verifichi. Quando però il danno diventa incalco­labile e irreparabile, se la sua probabilità è di un milione­simo o un miliardesimo non cambia nulla. Quando il ri­schio è la perdita totale, semplicemente non può essere assunto. Nell’era dei megarischi è necessario quindi o­rientarsi all’'euristica della paura', che dà la preferenza a considerare l’ipotesi più avversa concepibile, a pre­scindere dal calcolo delle probabilità, quando essa con­templa una perdita inammissibile. È questo il messaggio centrale del filosofo Hans Jonas, nel suo classico "Il prin­cipio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica" (1979).

    'Too-cheap-to-meter' (troppo-a-buon-mercato-per­ misurarla) promettevano i profeti dell’elettricità atomica quando 30 anni fa pronosticavano la scomparsa dei contatori elettrici dalle nostre case. 'Troppo costosa per poterla pagare' sembra invece il messaggio che ci viene dal Giappone.

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  7. 8

    viva la partecipazio

    Perchè il dr Giorgio Locatelli, da voi intervistato, non partecipa al dibattito? Cosa non vuol dire? Quali ulteriori brutte notizie ha da darci, visto che tutti avevamo capito dalle sue parole che la situazione era molto più grave di quel che allora volevano farci credere? Cosa c'è ancora di più brutto?

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  8. 9

    prode anselmo

    «Fukushima come Chernobyl» da http://www.Avvenire.it di oggi:

    La Tepco, società che gestisce la centrale nucleare giapponese danneggiata di Fukushima, ha affermato di temere che la fuga di radiazioni possa essere maggiore di quella verificatasi nel 1986 nel disastro nucleare di Cernobyl. «La perdita radioattiva non si è ancora arrestata completamente – ha detto ai giornalisti un funzionario della società – e la nostra preoccupazione è che possa anche superare Cernobyl».

    L'assegnazione di un grado 7 all'incidente di Fukushima, lo stesso a suo tempo attribuito al disastro di Cernobyl, è «provvisoria», ha precisato l'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, specificando che il livello delle emissioni radioattive registrate dall'inizio della crisi equivale appena al 10% di quello misurato nel 1986 dopo la catastrofe della centrale Ucraina.

    Le misure disponibili sulla fuga di radioattività dalla centrale di Fukushima, comunque, «mostrano dei livelli equivalenti al livello 7», il massimo della scala Ines degli eventi nucleari. «Continueremo a sorvegliare la situazione – ha detto un responsabile dell'organismo ufficiale -. E' un livello provvisorio», ha aggiunto, spiegando che la decisione definitiva sulla classificazione dell'incidente dovrà passare all'ulteriore vaglio di un comitato di esperti.

    L'Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese aveva fino ad ora classificato l'incidente di Fukushima al livello 5, corrispondente a «un incidente con delle conseguenze estese» con un «danno grave al cuore del reattore» ma con un «rilascio limitato di materiale radioattivo all'esterno».

    L'omologa agenzia francese lo aveva valutato di livello 6, pari ad un «incidente grave». Il livello 7, quello massimo, viene assegnato in presenza di un «notevole rilascio di sostanze radioattive» con «effetti considerevoli sulla salute e sull'ambiente».

    Il premier cinese Wen Jiabao ha espresso oggi al suo omologo giapponese Naoto Kan la sua "preoccupazione" per l'immissione di acqua radioattiva proveniente dalla centrale di Fukushima, danneggiata dal terremoto e dallo tsunami del mese scorso. In una nota pubblicata sul sito web del governo, Wen afferma che "il governo e il popolo cinese esprimono la loro preoccupazione… e chiedono al Giappone di attribuire la massima attenzione all'impatto di quel materiale sull' ambiente marino soprattutto per quanto riguarda i Paesi vicini".

    Ieri una scossa di magnitudo 6,3 (valutazione preliminare) è stata appena registrata in Giappone, con epicentro nella prefettura di Fukushima. La Tepco, il gestore della disastrata centrale nucleare, ha ordinato ai lavoratori di evacuare l' impianto. Il terremoto, che ha avuto per epicentro Hamadori (prefettura di Fukushima) e una profondità di 10 km, s

    Le vittime del sisma/tsunami dell'11 marzo scorso, che ha devastato il nordest del Giappone, ha superato quota 13.000 in 12 prefetture, attestandosi a 13.013. Sulla base dell'aggiornamento dei dati comunicati in serata dalla polizia nazionale, i dispersi sono saliti a 14.608 nel conteggio di sei prefetture soltanto, escludendo città colpite nella prefettura di Miyagi, quali Sendai, Higashimatsushima e Minamisanriku su cui e' pressoche' impossibile formulare stime

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  9. 10

    A.M.F.

    Adesso si sono aggiunte nuove scosse di terremoto. E' un disastro che riguarda tutti!

    E poi, cosa significa "livello 7"?. E' il livello massimo. Quanto è "massimo" questo evento?

    Una diversa scala che grado attribuirebbe rispetto al disastro ucraino? Il dr Giorgio Locatelli può darci qualche indicazione? Che preoccupazioni dobbiamo avere noi? Le nubi, infatti, viaggiano, viaggiano…

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  10. 11

    Kamella Scemì

    Da Avvenire di ieri:

    Fukushima «vietata» per 20 anni

    Il governo: l’area attorno al reattore non sarà abitabile a lungo

    DA BANGKOK STEFANO VECCHIA

    Il Giappone si interroga sulla propria con­dizione ma anche sul proprio futuro, do­po che ufficialmente è stato posto davan­ti a una minaccia nucleare di vasta portata. La decisione di portare il livello di rischio per la centrale di Fukushima 1 al limite massimo di 7 sulla scala internazionale, ha come unico termine di paragone Chernobyl, pur in un con­testo e di fronte a una situazione al momento assai diversi.

    Dietro la decisione dell’Agenzia per la sicu­rezza nucleare sta forse anche la pressione per una maggiore chiarezza e per un maggiore im- pegno da parte della società civile giappone­se e della comunità internazionale, forse an­che una troppo stretta adesione agli standard necessaria per giustificare interventi impopo­lari come l’estensione dell’area di sicurezza a 30 chilometri dall’impianto di Fukushima 1 e quella di attenzione a 40 chilometri.

    Un’area di estensione non precisata, ma che certamente include quella di 20 chilometri dai reattori ora spopolata, potrebbe non essere più abitabile per i prossimi 20 anni. A confer­mare questa possibilità, già avanzata dagli e­sperti, il governo di Tokyo. Kenichi Matsumo­to, consigliere speciale dell’esecutivo, ha pro­posto contemporaneamente la progettazione di una «città ecologica» che accolga fino a 10mila sfollati tra i molti ancora presenti nel­la prefettura di Fukushima. Inevitabilmente, la reazione a questi eventi è di sconcerto all’interno e di preoccupazione all’estero. I Paesi vicini, in particolare, temo­no che l’innalzamento del livello di rischio confermi la percezione di una sostanziale sot­tovalutazione del pericolo nelle scorse setti­mane. Questa percezione, come pure il cre­scente inquinamento radioattivo delle acque marine (anche ieri si sono registrati livelli re­cord a nord della centrale in difficoltà) e la ri­duzione costante dell’export alimentare nip­ponico potrebbero segnare a lungo e in mo­do significativo i rapporti bilaterali con Cina, Coree e Russia.

    Sul fronte della centrale Fukushima, prosegue l’opera, avviata due giorni fa, di svuotamento dall’acqua altamente contaminate di un tun­nel nei pressi del reattore n. 2. Il liquido viene lentamente convogliato verso i condensatori del reattore e da qui nelle cisterne rese dispo­nibili svuotando l’acqua moderatamente con­taminata che vi si era accumulata direttamente nell’oceano.

    Ieri, a concretizzare insieme la sofferenza e l’u­nità del Paese, c’è stata un’altra visita, la terza dall’11 marzo, dell’imperatore Akihito e del­l’imperatrice Michiko a aree terremotate. Que­sta volta, la coppia imperiale ha incontrato gli abitanti della prefettura di Chiba, presso Tokyo, scossa la mattina di martedì da un terremoto di forte intensità.

    Difficoltà evidenti all’orizzonte sul piano eco­nomico. Davanti al crollo dell’export nel me­se di marzo e a una situazione che non pre­senta schiarite, come pure di fronte alla ne­cessità di investire massicciamente nella ri­costruzione, i responsabili delle finanze e del­l’economia nipponici hanno rivisto al ribasso le prospettive di crescita e di investimenti. Ta­gli consistenti anche al sostegno allo sviluppo, tra i cardini della politica di Tokyo verso i pae­si emergenti.

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  11. 12

    Karl Heinz Treetball

    L'economia dopo Fukushima

    Lo tsunami che rischia di travolgere la ripresa

    di ETTORE GOTTI TEDESCHI, dall'Osservatore Romano di oggi

    L'imprevedibilità dei fenomeni naturali condiziona spesso le scelte degli uomini, apparentemente sicuri di se stessi e delle loro capacità previsionali. Lo tsunami che ha provocato la sciagura nucleare della centrale giapponese di Fukushima ha innescato una spirale di fatti economici che è opportuno comprendere nella loro sequenza.

    Fino a ieri il nucleare, in prospettiva, rappresentava la risorsa energetica su cui tutto il mondo contava per soddisfare gran parte del suo fabbisogno. L'incidente giapponese ha richiamato a maggiore prudenza, provocando la chiusura delle centrali vecchie e obsolete e il blocco dell'apertura di nuovi impianti. Ciò sta avvenendo nel mondo occidentale, così come nei Paesi emergenti più industrializzati.

    Il petrolio è quindi tornato a essere la fonte energetica principale. Così anche il suo prezzo ha ricominciato subito a crescere, sia per la domanda dovuta all'accumulo di riserve, sia per fenomeni speculativi. Le conseguenze nei Paesi occidentali – che sono consumatori ma non produttori – stanno nell'aumento dei prezzi dei carburanti e del costo della bolletta energetica. Realtà che colpiscono il potere di acquisto e i consumi, rendendo più concreto il rischio di stagnazione e di inflazione.

    Nei Paesi orientali emergenti e industrializzati, si corre invece il rischio di un rallentamento della crescita economica e del suo consolidamento. Basti pensare che la Cina è il primo importatore al mondo di petrolio. La speculazione ha aggravato la situazione, estendendo le sue manovre dalle materie prime energetiche a quelle alimentari, generando così una vera emergenza nei Paesi più poveri.

    In molti di questi – come quelli nordafricani – ricchi di materie prime ma con una ricchezza concentrata e non distribuita, si sono create tensioni sociali e politiche, sfociate nelle rivolte di queste settimane. Che a loro volta hanno inciso sui flussi migratori in maniera sensibile.

    Vanno inoltre valutate le conseguenze dell'enorme trasferimento di ricchezza dai Paesi importatori a quelli produttori di petrolio, con prevedibili cambiamenti degli assetti economici e geopolitici. A favore di regioni con tradizioni culturali e politiche molto diverse da quelle occidentali.

    Nei Paesi occidentali, l'emergenza energetica potrà compromettere la ripresa del ciclo economico, segnando negativamente la capacità produttiva, l'occupazione, la produzione di reddito e, di conseguenza, anche la possibile riduzione delle imposte.

    E questo potrà anche condizionare la spesa pubblica necessaria alla ripresa, che, nel mondo occidentale, è guidata dai singoli Stati. Oggi, infatti, non ci si domanda più se la ripresa sarà avviata dal mercato o dallo Stato, ma solo da quale tipo di Stato: se esso cioè dovrà fungere da pianificatore o anche da controllore dell'economia.

    Si tratta di un processo ormai ineluttabile, ed è auspicabile che i leader – preferibilmente di Stati soltanto pianificatori – che guideranno queste scelte, lo facciano guardando al bene comune. Con le responsabilità che dovrebbero essere di ogni classe dirigente. Come Benedetto XVI ha ricordato nella sua visita ad Aquileia e Venezia.

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